Black Mamba: la storia di un fiore d'acqua

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    Con passo lento, ma deciso, Sasuke Uchiha si dirigeva verso il laboratorio di Orochimaru, incurante dei lamenti e delle imprecazioni che si levavano alti dalle celle, situate su entrambi i lati del corridoio.

    Qualche istante dopo, raggiunse una porta e la aprì.

    La luce livida di una lampada operatoria illuminava una ampia stanza di forma rettangolare, appoggiandosi pigra sull’intrico di tubi metallici, privi di ruggine, che sembravano quasi costituire la struttura portante delle pareti e del soffitto.

    La parete di sinistra era occupata da un armadio con le porte a vetri, sulle cui mensole si trovavano fiale con diverse etichette e strumenti medici e chirurgici di varia natura.

    Al centro della sala si stagliava un lettino operatorio, sul quale era posato il corpo di una donna dell’apparente età di trent’anni.

    Il corpo, alto e snello, era coperto da una lunga camicia operatorio, che scendeva fino alle caviglie.

    Lunghi capelli biondi circondavano come una aureola un viso dai lineamenti delicati e gli occhi, chiusi in un sonno forzato, erano ornati da lunghe ciglia, simili a pagliuzze d’oro.

    Diversi elettrodi erano posati sul suo petto e collegavano il suo corpo ad un elettrocardiografo, mentre una flebo era in infusione nel braccio sinistro.

    Accanto al lettino era presente un tavolo, su cui era situato un supporto, contenente otto provette di plastica colme di liquidi di diversi colori.

    -Chi è quella donna? E perché Orochimaru mi ha chiamato qui?- si chiese Sasuke perplesso. Non riusciva a comprendere la ragione di tale chiamata…

    Qualche istante dopo, dal pavimento, simile all’apparizione di un demone che sorge dalla terra, emerse la figura slanciata di Orochimaru.

    -Hai accolto il mio invito, a quanto vedo.- commentò il ninja leggendario e un sorriso beffardo distese le sue labbra.

    -Non ho altra scelta, se voglio vendicarmi di quel maledetto che ha distrutto la mia famiglia e la mia vita.- pensò Sasuke con rabbia, senza tuttavia parlare.

    Una luce ironica brillò nelle iridi dorate di Orochimaru, che, con delicatezza, strinse tra le lunghe dita il polso sottile della donna.

    -Bene. E’ ancora utile al mio scopo.- decretò il nukenin più anziano.

    -Anche quella donna, dunque, è una sua pedina. Ma perché?- si chiese il sopravvissuto del clan Uchiha sorpreso.

    -Sasuke, portami una siringa e la fiala contenente il veleno della “Morte Rossa”. Voglio farti vedere una cosa.- sorrise il nukenin e, con delicatezza, staccò la flebo dal braccio della donna.

    Pur perplesso, il giovane annuì e si avvicinò all’armadio.

    Lasciò scorrere lo sguardo sulle mensole e, dopo alcuni istanti, si accorse di una fiala rossa, con sopra una etichetta col simbolo di un pugnale bagnato di sangue.

    -Questo è uno dei veleni più potenti del mondo ninja. Per caso lo vuole iniettare nel corpo di quella donna? Ma perché?- si domandò il giovane.

    Per quale motivo avrebbe dovuto uccidere una sua cavia, quando aveva detto che era ancora utile al suo scopo?

    Dopo alcuni istanti di esitazione, prese quanto richiestogli e lo consegnò al suo maestro.

    Orochimaru, con calma serafica, riempì la siringa di un liquido vermiglio contenuto nella fiala.

    Poi, con fermezza, immerse l’ago nel braccio destro della donna.

    -Ora attendiamo. Basterà poco tempo.- commentò il più anziano.



    Qualche istante dopo, fitte gocce di sudore sanguigno imperlarono il viso della donna, che strinse le labbra fin quasi a farle sbiancare.

    Respiri affannosi le sollevarono impetuosamente il seno e le pulsazioni tracciate sull’elettrocardiografo persero la loro regolarità, mostrando una improvvisa accelerazione.

    Il corpo della donna, ben presto, fu scosso da spasmi e convulsioni simili a quelli di un epilettico.

    -Ma cosa succede?- si domandava il giovane sempre più sorpreso.

    Lo sguardo di Orochimaru, intanto, contemplava con interesse il corpo della donna e, di tanto in tanto, si posava sul volto dell’allievo.

    -E’ divertente vedere la tua sorpresa, Sasuke.- pensò ridendo tra sé.

    -Tachicardia. Ematoidrosi. Dispnea. Tutto sta andando come previsto. Bisogna solo aspettare.- decretò con voce monocorde il ninja leggendario.

    -Che cosa aveva previsto? Perché parla così?- si domandò il giovane ninja Uchiha, fissando ora la donna sofferente, ora il maestro.

    Non riusciva a capire il senso di quell’esperimento…



    Qualche tempo, dopo il corpo della donna si rilassò sul lettino, inerte.

    Il suo respiro si normalizzò e le pulsazioni sull’elettrocardiografo ripresero un tracciato regolare.

    Orochimaru, con un gesto apparentemente gentile e premuroso, le passò una mano sulla fronte.

    -Ma… è sopravvissuta a quel veleno micidiale.- mormorò Sasuke sorpreso.

    -Non ti devi sorprendere, Sasuke. Il suo sangue è capace di questo e altro. Ed è una peculiarità piuttosto rara per una Kobura.- dichiarò Orochimaru e posò la mano sottile sul suo collo sottile.

    -Questa donna quindi è una Kobura?- domandò il giovane perplesso fissandone con stupore il corpo, abbandonato sul lettino.

    Nei testi di Orochimaru aveva letto qualcosa su quel clan tanto potente, quanto misterioso…

    Eppure, la domanda ritornava sempre.

    Perché quella donna era una preda del suo maestro?

    Il ninja leggendario assentì con un lieve cenno del capo.

    -E, a dispetto della sua apparenza così giovanile, questa donna ha circa dodici anni più di me. Ma tale stato non è una rarità nel clan Kobura, specie nella dinastia della terra. Eppure, la mente di questa donna è turbata dalla follia da quando aveva sedici anni.- mormorò poi con voce melliflua

    Il giovane del clan Uchiha spalancò gli occhi, sorpreso.

    -E’ folle da quando aveva sedici anni? Eppure, il suo corpo non mi sembra quello di una donna segnata da tanti anni di pazzia.- replicò perplesso.

    Orochimaru sorrise divertito dinanzi all’osservazione del giovane.

    -E tu credi che Tetsuo Kobura lasci morire sua sorella minore quando può ancora essergli utile? E’ un uomo crudele e freddo, ma non è inutilmente violento. Ed è questa la ragione della sua apparente integrità. Lei può ancora essergli utile.- mormorò il ninja leggendario.

    Il giovane, sempre più sorpreso, guardò il corpo della donna. Anche lei dunque aveva conosciuto la crudeltà di un fratello, come era accaduto a lui?

    -Tu credi che tuo fratello e le sue azioni rappresentino il culmine della crudeltà dell’uomo? Beh, non hai idea di quali siano gli abissi di perversione che l’uomo è in grado di raggiungere. Abisso chiama abisso, ricordalo Sasuke.- mormorò Orochimaru pacatamente.

    Ad un tratto, un gemito di dolore risuonò sulle labbra della donna.

    -Sasuke, è meglio che tu vada, ora. Non vorrei che il veleno che le ho iniettato l’avesse danneggiata in qualche modo.- dichiarò ad un tratto Orochimaru.

    Il giovane, pur perplesso, annuì e si allontanò. Quei poteri, forse, avrebbero potuto servirgli nella sua vendetta…

    Ma aveva bisogno di capire come usarli e come impadronirsi di tali forze…



    Per qualche istante, il rumore dei passi di Sasuke risuonò nei corridoi, poi si perse nel silenzio.

    Orochimaru, con rapidità, compose dei sigilli, spense l’elettrocardiografo, staccò gli elettrodi dal corpo della donna e, con delicatezza, le passò le mani sulle tempie.

    Alcuni minuti dopo, la donna riaprì gli occhi, che si rivelarono d’un intenso colore dorato, e poi, con un gemito, si piegò sul lettino, vomitando sangue.

    Qualche istante dopo, sollevò la testa e fissò smarrita Orochimaru negli occhi.

    -Non c’è bisogno che tu finga, Zahira Kobura. Ora siamo soli.- mormorò il ninja leggendario con un sorriso divertito.

    -Non trattarmi come una marionetta, Orochimaru! Non sono come le tue cavie!- ringhiò la donna saettando sull’uomo uno sguardo colmo di rabbia e terrore.

    -Oh, lo so bene. Ed è sorprendente come nessuno dei Kobura, tra cui tuo fratello, si sia accorto della tua magistrale interpretazione.- replicò divertito il ninja e, lentamente, batté le mani, mimando un ironico applauso.

    La donna strinse debolmente i pugni e sospirò. Da quando Orochimaru aveva scoperto il suo segreto, l’aveva in pugno…

    Contro di lei, quel maledetto aveva una potente arma di ricatto!

    -Credo che Sasuke sia interessato al tuo potere. E’ rimasto molto sorpreso dalla potenza del tuo sangue e dalla scoperta della tua età effettiva.- affermò ad un tratto Orochimaru.

    Zahira trasalì e si portò una mano alla gola.

    -E non sei minimamente preoccupato? Potrebbe fare scelte avventate. Anche lui è in cerca della vendetta contro suo fratello.- domandò angosciata. Un pensiero le balenava nella mente e tale possibilità la preoccupava…

    Il nukenin di Konoha alzò le spalle con noncuranza.

    -No, Sasuke non è stupido. Non cercherà mai un’alleanza con tuo fratello, perché ha bisogno di certezze nel conseguimento della sua vendetta. Io posso dargliele, tuo fratello… no.- rispose con voce beffardamente premurosa

    La donna del clan Kobura non rispose e meditò sulle parole dell’uomo. Forse aveva ragione lui e lei si preoccupava per niente…

    Lo sguardo di Orochimaru si adombrò.

    Zahira rabbrividì. Che cosa voleva dire quel cambiamento negli occhi del suo interessato protettore?

    Un sorriso ironico addolcì i lineamenti di Orochimaru, dinanzi all’espressione angosciata della donna.

    -Stai tranquilla, non ho nessuna intenzione di farti del male. Dopo la prova che hai sopportato con quel veleno, hai bisogno di riposo.- dichiarò con ironia il nukenin di Konoha e, con delicatezza, premette due dita sulle tempie di Zahira.

    La donna percepì una enorme stanchezza farsi strada nelle sue membra e, dopo qualche istante, si addormentò.


    Tra un poco avrete l'immagine (a grandi linee) di Zahira
     
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    Tolto il neonato Kenshiro, le labbra carnose e il seno pompato, Zahira è lei.
     
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    II CAPITOLO: Il sogno di Mei

    Diverse specie di uccelli attraversavano il cielo di Kirigakure.
    Nelle strade, avvolte dal sudario opprimente della nebbia, si scorgevano persone impegnate nelle loro attività quotidiane.
    Intanto, nel palazzo del Mizukage, Mei Terumi, seduta dinanzi alla sua scrivania, leggeva alcune carte e, di tanto in tanto, scriveva.
    Ad un tratto, la porta dello studio si aprì e comparve Ao, con una vistosa fasciatura sull’occhio sinistro.
    La Mizukage alzò la testa dalle carte che stava visionando e, per alcuni istanti, guardò il jonin.
    -Ao, spero che tu ti stia facendo vedere quell’occhio dai medici di Kirigakure. E’ da un mese che hai problemi.- mormorò la donna scuotendo la testa.
    -Mizukage, i medici del villaggio sono riusciti a trovare una cura per il mio problema, ma la sua azione purtroppo è molto lenta. Il veleno di quella traditrice era molto forte.- replicò l’uomo.
    La donna annuì e, con un gesto deciso, lo invitò a sedersi.
    -Bene Ao, ho concluso le mie indagini. E i risultati sono sorprendenti.- mormorò la Mizukage e un sorriso distese le sue labbra vermiglie.
    L’uomo non rispose e attese che la donna continuasse.
    -Come ben sai, delle quattro kunoichi conosciute come “i quattro fiori” di Yagura, solo tre sono sopravvissute. Una di loro è stata trovata morta, ma non è quella che pensavamo.- cominciò la Mizukage.
    -Ao, ho ordinato la riesumazione del corpo della supposta Shiroi Bara e su di esso vi ho fatto fare delle analisi autoptiche accurate. E i risultati parlano chiaro: non è lei la guardiana morta.- iniziò la giovane kage.
    -Il che significa che lei è probabilmente ancora viva.- mormorò freddamente il jonin.
    -Esatto. Tu sai bene che, per farsi riconoscere, le guardiane di Yagura portavano appeso al collo un ciondolo con un cammeo su cui era inciso il fiore di cui portavano il nome. Bene, Shiroi Bara ha messo al collo della donna che è stata trovata morta il suo ciondolo e, dopo averla uccisa, è fuggita.- dichiarò Mei.
    -Mi scusi Mizukage, ma non credo basti un ciondolo per attribuire ad un corpo morto una determinata identità.- osservò Ao un po’ sorpreso.
    -Certo, hai ragione. Infatti Shiroi ha fatto in modo che i lineamenti del cadavere che abbiamo trovato fossero riconducibili a lei.- rispose la giovane kage con voce calma.
    Tacque per alcuni istanti.
    -Shiroi Bara, conosciuta come Fuyu, ha inscenato in maniera magistrale il suo suicidio. La guardiana che è stata trovata morta in realtà è Hoshi Kiku, conosciuta come Aki****.- sintetizzò la Mizukage.
    -Codarda. Non ha voluto pagare il prezzo delle sue colpe.- sibilò Ao sarcasticamente.
    Mei sbuffò, seccata.
    -Non è il momento di fare discorsi moraleggianti Ao. Quel che conta è che ci troviamo dinanzi ad una donna che ha saputo prevedere in anticipo gli eventi e si è dimostrata lungimirante e astuta.- affermò la Mizukage.
    Un sorriso piegò le labbra della donna.
    -Abbiamo trovato il diario di Hoshi Kiku e abbiamo scoperto delle cose alquanto interessanti sulla fuggitiva.- esòrdì e i suoi occhi verdi, simili a pezzi di peridoto, brillarono di una luce divertita.
    -Quali?-chiese Ao curioso.
    - Il volto di Shiroi Bara non è quello da noi conosciuto all’epoca del Quarto Mizukage. Secondo quanto ci è rivelato dalle parole di Hoshi Kiku***, quella donna è abile nel travestimento e, per cambiare i lineamenti del suo volto, si serve di sostanze come la paraffina. Per dissimulare il vero colore di occhi e capelli usa il chakra.-spiegò la Quinta Mizukage.
    Ad un tratto il suo sguardo si adombrò.
    -Vedi Ao, sembra che dovremo ringraziare anche lei se diversi portatori di innate sono stati strappati ad un destino terribile.- dichiarò.
    -Che cosa intende?- chiese il jonin.
    -Conosci bene l’efficienza del sistema di inquadramento, schedatura, cattura e distruzione dei possessori di innate ai tempi di Yagura. Bene, diversi di loro sono stati salvati grazie a lei, per quanto con metodi non ortodossi.- spiegò la Mizukage.
    -Potrebbe averlo fatto in previsione di un rovesciamento di potere. Non ha detto lei che quella donna è astuta?- osservò l’uomo.
    -Già, ed è proprio di persone come lei che ho bisogno per il mio progetto.- affermò con decisione la donna.
    Ao, sorpreso, spalancò l’occhio libero dalla benda. Perché la Mizukage cercava proprio una persona come lei e con il suo passato?
    Per quanto meno sanguinaria, era pur sempre una delle guardiane di Yagura…
    E, assieme a quel folle, aveva permesso che fosse messa in atto la persecuzione degli individui dotati di innate!
    Perfino lui, che pure era a favore di metodi autoritari, era rimasto disgustato dinanzi a quell’inutile manifestazione di crudeltà!
    Indovinando lo stupore di lui, la giovane kage frecciò ironica:-Tu che vuoi prendere il mio posto, dovresti sapere una verità fondamentale della politica: governare è sempre scegliere tra svantaggi*.-
    Ritornando seria, proseguì:-Ao, per catturare le due guardiane sopravvissute, ho bisogno di un elemento interno al gruppo. E lei è la persona più adatta perché conosce bene le altre due.-
    L’uomo, pur perplesso, annuì. Per quanto gli costasse ammetterlo, era giusto il ragionamento della Mizukage…
    -Mizukage, però come faremo a individuarla e a portarla a Kirigakure? Lei ha detto che il suo vero volto non è quello che ha mostrato durante il regno di Yagura. E, ovunque sia, può girare tranquillamente col suo vero viso e non corre il rischio di essere riconosciuta.- osservò.
    -Ao, in questa missione sarete solo tu e Choujiro. Un eccessivo movimento di shinobi si noterebbe troppo e non voglio che lei si insospettisca.- affermò con tono calmo la Mizukage.
    Ao, con un leggero cenno del capo, annuì.
    -E, per quanto riguarda il suo riconoscimento, non dovrebbe essere un problema per te e il tuo Byakugan. Ho scoperto delle cose alquanto interessanti su di lei.- sorrise Mei e gli porse un piccolo foglio.
    Ao, velocemente, cominciò a scorrerlo.
    -Cosa? Shiroi Bara è dunque la figlia di Ayane Hoshino?- domandò sorpreso.
    -Esatto. E tu sai bene che le donne che lavorano per lei hanno un tatuaggio a forma di ciclamino** sulla spalla destra, fatto a chakra. Quindi, non dovrebbe essere un problema per il tuo occhio. Faremo uscire la volpe dalla tana.- sorrise Mei e il suo sguardo brillò di beffarda soddisfazione.
    -Quando ci sarà questa missione?- chiese poi lo shinobi.
    -Quando il tuo occhio sarà guarito.- rispose categorica la Mizukage e, con un cenno del capo, lo invitò ad uscire.
    Ao annuì e, rapidamente, uscì dallo studio.





    frase di Charles de Gaulle
    **simbolo di erotismo e seduzione nell’antichità.
    ***ciclamino della stella
    ****autunno -
     
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    III CAPITOLO: La partenza di Ao e Choujiro

    Erano passati circa trenta giorni dalla convocazione di Ao.
    Il cielo era sgombro di nuvole, come fosse fatto d'acquamarina, ed era illuminato dai raggi del sole, che si adagiavano sul mare, simile ad un pezzo di turchese, illuminandolo di riflessi dorati.
    Una nave di medio tonnellaggio, dai fianchi tinti di nero, costeggiava l'arcipelagio che circondava Mizu.
    Ao, appoggiato al parapetto di prua, osservava con apparente interesse i movimenti dei gabbiani che, simili a falchi pellegrini, si precipitavano sulla tersa superficie dell'acqua in cerca di prede.
    -Eppure, la Mizukage ha ragione, per quanto mi costi ammetterlo.-pensò stringendo il pugno. In quei giorni Mei gli aveva parlato del suo piano e lui aveva potuto apprezzare le sue doti di calcolo e pianificazione, malgrado le loro opinioni divergenti...
    Qualsiasi considerazione sarebbe dovuta sparire dinanzi all'urgenza del compimento del suo dovere, eppure...
    Eppure, l'idea di interagire con una dei quattro fiori guardiani di Yagura gli procurava un ribrezzo quasi fisico.
    Perfino lui, che pure non disdegnava i metodi autoritari del regno dello Yondaime Mizukage, era disgustato dalla crudeltà gratuita di quelle donne.
    Esse non cercavano la saldezza dello stato, ma il compiacimento dei loro istinti più brutali ed efferati.
    Sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Tante volte aveva dovuto assistere ad esecuzioni brutali e sanguinarie...
    Forse Shiroi Bara era diversa, ma era pur sempre una di loro!
    Era una donna che seguiva il vento, traditrice e infida!
    Aveva perfino ucciso una sua compagna, pur di salvarsi la vita!
    Ad un tratto, Choujiro salì sul ponte.
    -Sei preoccupato, Ao?-chiese timidamente il ragazzino.
    -Perché? Dovrei? Siamo in due, pronti ad ogni evenienza.- tagli corto bruscamente il jonin. In realtà era un po' preoccupato...
    Perché la Mizukage aveva voluto che quel ragazzino lo seguisse nella missione?
    Quanto lo avrebbe aiutato in quel compito tanto arduo?
    -Ao, tu conosci qualcosa di lei che la Mizukage non sa?-chiese ad un tratto il giovane spadaccino.
    -No.-rispose con voce recisa il jonin più anziano.
    Per qualche istante, i due ninja rimasero immobili, immersi nei loro pensieri.
    -Torniamo in cabina. Dobbiamo prepararci per salpare.-ordinò poi con voce recisa.
    Il giovane obbedì e lo seguì.

    Qualche tempo dopo, la nave attraccò al porto dell'isola di Nishin*.
    Ao e Choujiro, rapidamente, scesero sulla banchina.
    L'uomo vestiva una maglia bianca, stretta in vita da una fascia nera, coperta da una sopravveste blu che raggiungeva le ginocchia.
    Le sue gambe forti erano sottolineate da pantaloni del medesimo colore della maglia e ai piedi calzava dei sandali, anche essi bianchi.
    I corti capelli azzurri dell'uomo erano coperti da una folta parrucca nera e il suo volto era privo della barba.
    Una fasciatura medica copriva il suo occhio destro, mentre una lente a contatto verde copriva il suo occhio sinistro.
    Appesa alla cintura v'era una sacca, mentre nella mano il jonin stringeva uno shakujo** cerimoniale.
    Il giovane, spadaccino, invece, indossava una maglia nera e sulle sue gambe sottili, seppur forti, si adagiavano dei pantaloni neri.
    Una parrucca bionda spiccava sul suo volto infantile, privo degli occhiali, e lenti a contatto azzurre mascheravano i suoi occhi neri.
    -Ora seguimi. Dovremo camminare con passo lento per raggiungere il villaggio di Mo***. Siamo nel periodo della festa della dea dell'Acqua e i pellegrini devono camminare lentamente, altrimenti susciterebbero sospetti.-spiegò Ao.
    -Come se non lo sapessi.-pensò il ragazzino seccato, ma si astenne da una risposta. In alcune occasioni detestava la superbia del compagno...
    Ao, con passo calmo, ma deciso, guidò il compagno verso il villaggio.

    Dopo circa venti minuti di cammino, raggiunsero la loro meta.
    Molte strade erano strette e sembravano convergere verso la piazza, di forma circolare, occupata da padiglioni colorati di commercianti, intenti nella vendita delle loro mercanzie, da pellegrini, che stringevano in mano lo shakujo, e da isolani, che recavano in diverse gerle offerte per la divinità.
    Le case, ad un piano, erano costruite principalmente in legno e, tra di esse, spiccava qualche costruzione in pietra.
    Nella piazza c'era un grande basamento di marmo, su cui era posata una statua, del medesimo materiale, che raffigurava una donna, che guidava un carro trainato da delfini.
    Il carro aveva la forma di una conchiglia bivalve, di cui si potevano riconoscere le costolature, simili alle stecche dei ventagli, ed era dipinto d'un tenue colore rosato, che ricordava quello di alcune tomaline
    La donna, ritta sul carro, stringeva dei finimenti dorati, a cui erano legati dei delfini dipinti di blu.
    I panneggi del suo abito, d'un vivo blu oltremare, sottolineavano la snellezza della sua figura e parevano smossi da una inestistente brezza.
    I lunghi capelli neri erano raccolti in lunghe trecce e sembravano anche essi sollevati dal vento.
    Gli occhi della statua avevano un taglio felino, il naso, seppur sottile, era leggermente aquilino e le labbra, dipinte d'un vivo colore corallino, erano atteggiate ad un sorriso sereno, che conferiva al suo volto un'espressione imperscrutabile.
    Ai suoi piedi era posato un grande vaso di terracotta, riccamente ornato di disegni di pesci policromi.
    -Aspettami qui.-ordinò a Choujiro e si avvicinò alla statua.
    Prese il sacco che aveva alla cintura, trasse da esso alcune monete e le lasciò nel vaso.
    Per alcuni istanti, rimase immobile, salmodiando alcune parole, poi si alzò e raggiunse il compagno.
    -Una bella recita. Non ti credevo un così consumato attore, Ao.-ironizzò lo spadaccino.
    -Sono talmente immersi nella loro superstizione che non sospetteranno di nulla. Tra poco arriveranno le danzatrici.-dichiarò il più anziano.

    Qualche ora dopo, infatti, accompagnate da un flautista di circa quarant'anni, vestito d'una tunica azzurra, apparvero cinque danzatrici, anche esse avvolte in lunghe vesti azzurre, ornate sulle maniche da disegni floreali dorati.
    Tra di esse spiccava una giovane dall'apparente età di diciannove anni.
    L'abito accarezzava la sua figura alta e snella e solo una cavigliera d'oro ornava la sua sottile caviglia destra.
    I lunghissimi capelli neri, dai riflessi quasi blu, erano raccolti in una treccia da un nastro azzurro, che si adagiava dolcemente sulla schiena diritta.
    La fronte, circondata da alcune ciocche di capelli sfuggenti alla treccia, era d'un candore perlaceo e gli occhi, dal taglio leggermente allungato, felino, erano simili a zaffiri viola ed erano ombreggiati da lunghe ciglia seriche, anche esse nere.
    Le linee pure della fronte proseguivano nel naso sottile e le labbra, piccole e tinte d'un vivace colore vermiglio, spiccavano nel pallore madreperlaceo del volto.
    -Byakugan!-scandì con voce calma Ao.
    Dopo alcuni istanti, con un gesto brusco, l'uomo strinse il braccio di Choujiro.
    -Che c'é?-chiese il giovane spadaccino, sgradevolmente sorpreso dal tocco del compagno.
    -Vedi la danzatrice centrale? E' lei. Ha sulla spalla il tatuaggio di cui mi ha parlato la Mizukage.- rispose impassibile il jonin.
    -Cosa facciamo? La catturiamo ora?-chiese il ragazzino.
    -No, aspetteremo che le celebrazioni finiscano. Tutta questa confusione può risultare deleteria per la riuscita della nostra missione.-rispose bruscamente Ao.

    Qualche ora dopo, le danza finirono e la piazza comincia svuotarsi.
    -Choujiro, teniamoci pronti a seguirla. Peò fai come stabilito. Ricordati che è una sensitiva.-dichiarò brevemente Ao, senza perdere di vista la danzatrice
    La ragazza, ad un tratto, entrò in una tenda e, dopo alcuni minuti, uscì.
    Indossava un kimono rosso, stretto in vita da un obi giallo, e ai piedi calzava sandali neri.
    Un nastro, anche esso rosso, raccoglieva in un'alta coda i lunghi capelli neri, lasciando scoperto il collo sottile.
    Sulla schiena portava uno zaino bianco e, appesi all'obi, si scorgevano due tessen di seta, ornati da disegni floreali policromi.
    Si avvicinò alla statua della dea e, dopo avere recitato alcune preghiere, si allontanò.
    -Stai attento ai tessen, Choujiro. Stando ai rapporti su di lei, è una abile praticante di tessenjutsu. Non farti ingannare dal loro aspetto apparentemente inoffensivo.- disse Ao e, con passo calmo e lento, la seguì.
    Il giovane spadaccino annuì e parve scomparire nell'oscurità della sera.

    La ragazza, con passo calmo, si inoltrò in una strada piuttosto ampia, vagamente illuminata dalla luce dorata di alcuni lampioni, che sembravano animarla di presenze inquietanti.
    Bruscamente, si fermò.
    Trasse dall'obi i tessen, li aprì, si girò e li puntò contro Ao.
    -Stai indietro o ti ammazzo. Sono ancora capace di manovrare questi gingilli, Ao!-ringhiò con voce decisa e risoluta e puntò uno dei tessen contro la gola del jonin.
    Un sorriso ironico distese le labbra dell'uomo.
    -Non ne dubito, Shiroi Bara. O forse dovrei dire Hana Mizuno?- domandò divertito il ninja di Kirigakure.
    La ragazza lo fissò, sorpresa. Come conosceva il suo nome?
    Qualche istante dopo, la figura di Choujiro comparve nella strada.
    -Non ti conviene attaccare, Mizuno. Anche perché noi non siamo venuti per ucciderti.- dichiarò Ao con voce seria.
    Hana corrugò la fronte, sorpresa, ma non abbandonò la presa sui ventagli.
    -Ao, sono stata una delle guardiane di Yagura. E, da quanto so, l'attuale Mizukage vuole tagliare i ponti con il regno del suo predecessore. E questo può voler dire fare un po' di pulizia dei vecchi oggetti.-rispose cinicamente la giovane. Non sarebbero state certo delle vuote parole ad ingannarla...
    Choujiro, indignato, fece per attaccarla, ma Ao, con un gesto imperioso e pacato, lo fermò.
    -Solitamente è così, ma la Mizukage ha detto che vuole parlare con te. Di cosa, sarà lei a dirtelo.-replicò con decisione il guerriero.
    La giovane, per qualche istante, rimase immobile, meditabonda. Cosa avrebbe dovuto fare?
    Non avrebbe potuto sconfiggere Ao e quel ragazzino, se si fossero coalizzati...
    Anzi, era consapevole che avrebbe avuto delle notevoli difficoltà perfino contro uno dei due...
    Ma temeva anche la Mizukage e il suo desiderio di vendetta...
    Perché, ne era sicura, Mei Terumi l'avrebbe condannata ad atroci torture, per compiacere il suo desiderio di vendetta...
    Ad un tratto, rilassò gli arti e rimise i ventagli nell'obi.
    -Immagino di non avere scelta.-commentò e un sospiro sgorgò dalle sue labbra.
    -Bene. Possiamo tornare a Kirigakure.-commentò il ninja con tono di voce soddisfatto.

    Qualche istante dopo, tre figure si allontanavano dal villaggio di Mo e si dirigevano verso il porto dell'isola.

    *Nishin: aringa
    **Mo: alga
    ***Shakujo: bastone cerimoniale dei monaci shintoisti. Per intenderci, quello che usa Obito negli ultimi capitoli. (il bastone di Rikkudo)
     
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    IV CAPITOLO: L'accordo

    Qualche giorno dopo, la nave che accompagnava Ao, Choujiro e la giovane jonin raggiunse il paese di Mizu.
    Ao, rapidamente, pagò il capitano della nave e, in seguito, i tre shinobi si misero silenziosamente in marcia verso Kirigakure.
    Qualche tempo dopo, raggiunsero il villaggio.
    Un forte turbamento si impadronì della giovane. Non sapeva perchè, ma le sembrava di scorgere nei volti delle persone risentimento...
    Probabilmente ricordavano tutti quello che era stato il regno di Yagura...
    O forse era solo una sua paura?
    Rapidamente entrarono nel palazzo di Kirigakure e raggiunsero lo studio della Mizukage.
    -Ao, Choujiro, potete andare. Non ho più ibisogno di voi.- dichiarò la donna sollevando lo sguardo dal foglio che stava leggendo.
    I due shinobi annuirono e si allontanarono discretamente.

    Le due giovani, per alcuni istanti, si studiarono,come due belve pronte alla lotta.
    -E così sei tu una delle guardiane del mio predecessore.-dichiar la Mizukage con tono sarcastico e la fissò negli occhi.
    Hana non rispose. Lo sguardo della Mizukage era quello di una tigre che studiava la preda, pronta ad aggredirla e a divorarla...
    E in quel momento la preda era lei!
    Ne era sicura. Mei non avrebbe esitato a ucciderla, se non avesse avuto qualche interesse particolare...
    Ma quale era?
    -Tuttavia, per catturare le due guardiane sopravvissute ho bisogno di un elemento interno al loro gruppo.-dichiarò tra i denti la Mizukage.
    -Le altre due guardiane sono vive? E così sono riuscite a sopravvivere alla fine del regno di Yagura...-pensò la kunoichi con sorpresa. Dunque, quelle stupide non erano poi così idiote...
    Sapevano pensare a qualcosa che non fosse la loro inutile sete di sangue...
    -Sì. Tu sei stata una guardiana di Yagura e, di sicuro, conoscerai molto meglio le loro debolezze. Del resto, sei stata tu quella che ha ucciso una sua compagna e inscenando un suicidio? Te ne do atto, sei stata davvero lungimirante.- mormorò Mei e, con sarcasmo, mimò un applauso.
    Ad un tratto un sorriso beffardo si aprì sulle sue labbra.
    -Ah, ma siediti. Sei mia ospite.-dichiarò ironicamente.
    La ragazza obbedì e appoggiò lo zaino sulle ginocchia.
    -Non è solo per questo che ti ho chiamato.-esordì ad un tratto la giovane kage ritornando seria.
    Tacque e, per alcuni istanti, guardò la kunoichi.
    -L'immagine della mia patria stata compromessa dal regno dello Yondaime Mizukage e, affinché essa sia riabilitata, ho bisogno di mandare un rappresentante diplomatico in ogni villaggio. E quell'ufficiale sarai tu.-affermò la Godaime Mizukage.
    Hana aggrottò le sopracciglia, seppur impercettibilmente. Era una posizione che le avrebbe conferito un enorme potere, ma era era sicura che la sua interlocutrice aveva uno scopo preciso...
    -La tua vita è subordinata al raggiungimento di quello che è un mio obiettivo: se raggiungerai lo scopo, avrai salva la vita e un posto di potere, se fallirai... beh, sarai condannata a morte per crimini contro la comunità di Kirigakure.- replicò la giovane kage e un sorriso beffardo piegò le sue labbra vermiglie.
    L'altra giovane rimase immobile. Il compito che le si mostrava era piuttosto arduo, tuttavia era l'unica occasione che aveva per salvarsi la vita...
    E poi quel potere le avrebbe dato forse una chiave di accesso per arrivare a quell'uomo...
    -Non mi rimane altra scelta.-constatò prudentemente la giovane. Tuttavia, se fosse stata abile, avrebbe potuto volgere la situazione a suo vantaggio...
    Doveva giocare bene le sue carte...
    -Mizukage, ha per caso un villaggio con cui le preme stringere una alleanza preferenziale?-chiese poi la giovane.
    -Certo ed è Kumogakure. Lì si concentrerla maggior parte del tuo lavoro, ma, ogni volta che lo riterrò necessario, ti manderò anche in altri villaggi.- rispose l'altra.
    La kage aprì un cassetto della scrivania e le consegnò un foglio.
    -Firma qui.-le ordinò e la ragazza obbedì. Le seccava non potere leggere il contenuto del foglio, ma doveva essere prudente...
    -Molto bene.- dichiarò la Mizukage e ripose il documento nel cassetto.
    -Prima che te ne vada, voglio sapere il tuo vero nome. Perché sono sicura di una cosa: Hana Mizuno non è il tuo vero nome. Per una donna così abile nel cambiare il proprio volto, non deve essere un problema cambiare il proprio nome.-dichiarò poi con freddezza.
    La giovane kunoichi sussultò, colta di sorpresa. Dunque, la Mizukage sapeva anche questo di lei?
    Come era possibile?
    Si era rivelata una donna attenta ai dettagli...
    -Ha indovinato, Mizukage. Il mio vero nome è Kaileena Kobura.- rispose la donna.

    -Molto bene. Ora puoi andare.- dichiarò la giovane kage apparentemente impassibile.
    La giovane chinò la testa in segno di rispetto e, discretamente, si allontanò.
    Rimasta sola, la kage rifletté. Era sicura che le parole della sua interlocutrice fossero sincere, ma il suo predecessore detestava i possessori di innate...
    Come era riuscita quella ragazza a celare il suo potere?
    E come era possibile l'esistenza di una Kobura lontana da un clan così unito?
    -Non importa.Scopriremo anche questo di lei.-si disse e, rapidamente, cominciò a scrivere alcune parole su un foglio.
    Alcuni secondi dopo, uscì dallo studio e salì sul terrazzo del palazzo.

    -Avete bisogno di qualcosa Mizukage?-domandò il custode della voliera scorgendo la figura della donna.
    -Sì. Prendi uno dei tuoi animali e mandalo a cercare Ao.-rispose Mei consegnandogli il messaggio.
    L'uomo, presto seguito dalla giovane, entrò nella voliera e, con delicatezza, prese un falco dai trapezi e gli legò il messaggio alla zampa.
    Poi, sempre seguito da lei,uscì dalla struttura e lasciò libero l'animale.
    Mei ringraziò l'uomo e rientrò nello studio.

    Alcuni minuti dopo, un pacato bussare risuonò nello studio.
    -Entra, Ao e siediti.-ordinò pacatamente la giovane donna.
    -Mizukage, c'è qualcosa che non va?-domandò l'uomo sedendosi su una delle sedie che fronteggiavano la scrivania della donna.
    -Ao, hai notato qualcosa di strano quando hai dovuto usare il tuo Byakugan per individuare la nostra preda?-domandMei.
    -No, Mizukage. Perché mi fa questa domanda?-chiese il jonin perplesso.
    La Mizukage, rapidamente, gli espose il contenuto del colloquio tra lei e Kaileena.
    -Cosa? Come è possibile? -esclamò sorpreso il jonin.
    -Non lo so Ao, tuttavia intendo scoprirlo. Voglio premunirmi contro qualsiasi evenienza.-dichiarò la donna.
    -Come intende procedere?-domandò il jonin.
    -Vedi Ao, io penso che lei assuma farmaci per annullare la veneficità del suo sangue, ma, per avere conferma a questa mia supposizione, ho necessità di farle delle analisi mediche molto approfondite. In questo modo potrò capire come è riuscita a nascondere a Yagura la sua abilità innata per tanti anni.-rispose la donna.
    -Quando ha intenzione di cominciare le analisi mediche?-chiese il ninja.
    -Tra qualche giorno. Tuttavia conto anche sulla tua presenza. Sei un ninja sensitivo e puoi scoprire qualsiasi sua menzogna.- rispose Mei.
    Ao, senza parlare, annuì e, dopo che ebbe ottenuto il consenso della donna, si allontanò dallo studio.
     
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    V CAPITOLO: Le preoccupazioni del Raikage

    Nubi cupe, di un sinistro grigio, si aggrovigliavano attorno a Kumogakure, nascondendo nel loro viluppo i profili degli edifici.
    Shirai Yotsuki, Yondaime Raikage, camminava nervosamente attraverso il suo studio, come se volesse creare dei solchi sul pavimento.
    Di quanto in quanto, gettava uno sguardo nervoso sui fogli, ammonticchiati sulla sua scrivania.
    -Dannazione... Non sono riuscito a scoprire molto...-pensava preoccupato. Aveva cercato in tutti i modi di capire chiaramente le intenzioni della Mizukage, ma era riuscito a comprendere poche cose...
    E l'ansia gli corrodeva l'anima.
    Nemmeno i consueti esercizi di pesistica lo aiutavano a calmare la sua agitazione...
    La porta, improvvisamente, si aprì e comparve Mabui.
    -Raikage, il rumore dei suoi passi si sente per tutto il palazzo. Vuole distruggere anche i pavimenti, oltre alle porte che girompe quotidianamente?-domandò la donna e la sua voce tremò di esasperazione.
    Il gigante, sentendosi interpellato, si scosse dal suo torpore e guard la sua segretaria con stupore.
    -Che le succede? Mi guarda come se avesse visto un fantasma!-esclamò la donna, sorpresa dallo sguardo stranito del suo capo.
    -Scusami Mabui, ma sono terribilmente preoccupato.-dichiarò l'uomo e si grattla testa pensieroso.
    L'espressione corrucciata della donna si addolcì dinanzi a quelle parole.
    -Che cosa succede?-chiese poi con voce calma.
    -Voglio parlarne nel tuo studio.-rispose recisamente il kage e la donna annuì.
    Rapidamente, uscirono e si diressero verso lo studio di Mabui.

    -Vedi Mabui, tu sai che a Kirigakure stata eletta una nuova Mizukage. E sembra abbia degli scopi e degli interessi diversi da quelli del suo predecessore.-cominciò Shirai.
    La donna non rispose e, con un lieve cenno del capo, lo invitò a proseguire.
    -Un primo segnale della sua supposta volontà di cambiare la reputazione di Kirigakure c'é. Infatti, ha deciso di assoldare un ufficiale diplomatico che l'aiuti in questa missione e vada in ogni villaggio.-continuò il Raikage.
    -Tuttavia, ci sarà un alleato preferenziale.-riflettè la segretaria.
    -Sì, ed è il nostro villaggio. La Mizukage vuole stringere un'alleanza preferenziale con Kumogakure.-annunciò l'uomo.
    -Non mi sembra una cosa così negativa.- affermò ad un tratto la donna, ma si interruppe dinanzi allo sguardo del suo superiore.
    -Mabui, apparentemente non è una cosa negativa. Ma chi ci dice che tale volontà non nasconda altri interessi? Ti ricordo che Kirigakure è il luogo di nascita dell'Akatsuki.-mormorò e un fremito d'ira risuonò nella sua voce quando pronunciò l'ultima parola.
    -In effetti, non ha tutti i torti. Che cosa ha intenzione di fare?-domandò poi la giovane kunoichi.
    -Da diverso tempo ho contatti regolari con lei e, grazie alle mie spie, ho cercato di scoprire qualcosa sull'identitdi questo misterioso ufficiale diplomatico. So che una donna molto giovane, ma non sono riuscito a sapere altro. Né il suo nome, né il suo aspetto e nemmeno il suo eventuale grado ninja.-confessò mortificato.
    -Questa diffidenza della Mizukage strana. Se ha intenzione di riabilitare il nome del suo paese, perchtanta riservatezza sull'identitdi questa donna?-si chiese Mabui.
    -Non lo so Mabui e questa un'altra cosa che non mi rassicura. Tuttavia, ho intenzione di accettare questa alleanza, ma ad una condizione: quando questa donna raggiungerà Kumogakure, farò fare delle indagini approfondite sul suo conto. Se non ho potuto scoprire niente su di lei prima, scoprirò qualcosa quando arriverà.-dichiarò con tono deciso.
    La donna annuì.

    -Però c'è un'altra cosa che devo chiederle.-esordì ad un tratto.
    -Cosa?-domandò il capo di Kumogakure.
    -Perchè non ci ha detto nulla dei contatti che c'erano tra lei e la Mizukage? Non ricade solo sulle sue spalle il compito della salvezza del villaggio.-lo rimproverò bonariamente la kunoichi.
    L'uomo, colto di sorpresa dalla domanda della sua segretaria, per alcuni istanti rimase silenzioso.
    -Hai ragione Mabui, ma voglio che voi in me vediate la colonna portante del villaggio. In fondo, questo è il compito di un kage, no?- replicò e alzò le spalle con apparente noncuranza.
    -Certo, ma si ricordi che un tempio non si appoggia solo su una colonna, per quanto importante. Ha bisogno anche delle altre.-rispose pacatamente la donna. Da quando era scomparso il Sandaime Raikage, Shirai Yotsuki, pur con tutti i suoi limiti, aveva cercato di essere un degno capo del villaggio e di proteggere i suoi abitanti...
    Voleva essere un degno successore di suo padre, che era stato capace di abbattere il demone oktocoda...
    E, con determinazione, perseguiva la protezione delle sue forze portanti...
    E il non essere riuscito a proteggere Yugito Nii, jinchuuriki di Nibi, lo tormentava dolorosamente...
    Sentiva la morte di quella ragazza un suo fallimento come Raikage...
    E non voleva ripetere l'errore con il jinchuuriki di Hachibi, suo fratello Killer Bee...
    Non sarebbe sopravvissuto al dolore se gli fosse accaduto qualcosa...
    Spesso, tuttavia, preso da questo suo pur lodevole desiderio, non si accorgeva di avere attorno collaboratori fedeli, che sarebbero stati felici di aiutarlo nella sua attività...
    La donna, con dolcezza, appoggiò una mano sulla spalla nerboruta dell'uomo, che la fissò.
    -L'Akatsuki e gli adoratori di quella dea sanguinaria verranno distrutti. Alla fine gli sforzi del villaggio saranno ricompensati. E questo grazie a lei, Raikage.-gli disse e sorrise fiduciosa.
    L'uomo, per pochi istanti, la scrutò quasi cercasse di cogliere sul suo viso i suoi pensieri più reconditi. Come sempre, aveva indovinato la sorgente delle sue preoccupazioni...
    -Ti ringrazio Mabui.-

    Improvvisamente, un falco entrò dalla finestra aperta dello studio e si posò sulla scrivania.
    -E' uno degli animali di Atsui.-mormorò Shirai e, avvedutosi di un messaggio attaccato alla zampa dell'animale, lo staccò delicatamente.
    Aprì il foglio e, rapidamente, lo lesse.
    -Darui è tornato dalla missione che gli avevo affidato. Spero che mi porti qualche notizia interessante su quel gruppo di fanatici. Si stanno rivelando una pestilenza per tutte le cinque terre.-mormorò frustrato.
    Invitò Mabui a seguirlo e, con rapidità si allontanò dallo studio, seguito da lei.
     
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    VI CAPITOLO: La riunione dell'Akatsuki

    La pioggia, con un rumore monotono, riempiva l'aria di Amegakure, sfumando in una confusa mescolanza di grigio e nero i profili slanciati degli edifici e il colore metallico del cielo, oppresso dalla stretta delle nuvole.
    I ninja di Akatsuki, riuniti in uno dei palazzi del villaggio, attendevano pazientemente l'inizio di una delle riunioni dellorganizzazione.
    -Chissà cosa vorrà il capo.- mormorò Deidara con voce eccitata e si fregò le mani.
    -Tobi vede Deidara eccitato!- cinguettò Tobi e cominciò a saltellare.
    -Taci, idiota!-ringhiò il ninja di Iwagakure e lo colpì violentemente con un pugno.
    Il ninja mascherato, per alcuni istanti, piagnucolò e si massaggiò la testa, ma poi tacque.
    -Io spero che ci consegni altri miscredenti da sacrificare al sommo dio Jashin!- sibilò Hidan e si leccò voluttuosamente le labbra, pregustando un futuro sacrificio.
    -Non dobbiamo certo perdere tempo con i tuoi deliri religiosi, idiota.- replicò freddamente Kakuzu.
    -Taci, stronzo miscredente!-urlò Hidan infuriato.
    Itachi fissò senza particolare interesse i suoi compagni. Le sceneggiate dei suoi compagni gli procuravano spesso delle emicranie...
    O forse era solo il ricordo di quel che aveva fatto a suo fratello Sasuke?
    Ad un tratto sentì una mano sulla spalla e si riscosse dai suoi pensieri.
    -Cosa avete, Itachi?-domandò Kisame con brusca premura.
    -Sono un po' stanco. Credo di non essermi ripreso del tutto dallultima battaglia.- rispose pacatamente il giovane del clan Uchiha.
    -Abbiate pazienza. Il tempo della riunione e potrete riposare.-rispose il ninja di Kirigakure e sorrise, scoprendo i denti candidi e acuminati come pugnali.
    Dinanzi all'atto del compagno, un mezzo sorriso curvò appena le labbra del giovane nukenin di Konoha.

    Qualche istante dopo, l'ologramma di Pain, accompagnato da quello di Konan, si materializzò nella stanza.
    Gli occhi del ninja di Ame, per lunghi istante, scrutarono i presenti, come se cercassero di comprenderne le emozioni.
    -La missione che ho intenzione di affidarvi vi porterà a contatto col clan Kobura.- iniziò con voce calma.
    Itachi aggrottò le sopracciglia, perplesso. Perché?
    Perchédovevano avere a che fare con un clan così misterioso?
    -Tra i nostri uomini, ai livelli gerarchicamente più bassi dell'organizzazione, ci sono delle spie originarie di quel clan e del villaggio chiamato Soukutsu. Bene, ho saputo che dispongono di ricchezze quantificabili in sei miliardi di ryo.-spiegò il combattente originario di Amegakure.
    Kakuzu fischiò, piacevolmente sorpreso.
    -Capo, chi ci dice perche non stiano mentendo?- domandò poi sospettosamente l'anziano guerriero.
    -Ne avrete presto un esempio. Aspettate.- dichiarò l'uomo e si allontanò.
    Alcuni istanti dopo, ritornò e tra le mani stringeva un sacco di cuoio, stretto da un laccetto di corda.
    Aprì il sacchetto e, dinanzi agli occhi degli shinobi di Akatsuki, si palesò un rubino purissimo, di forma vagamente cilindrica, lungo quanto un palmo e largo quanto un braccio umano, d' un intenso colore vermiglio, che sembrava quello del sangue vivo.
    I nukenin fissarono sorpresi la pietra. Nessuno di loro aveva mai visto una gemma tanto grossa, d' un colore così intenso...
    -Non è una prova certa. Possono avere rubato quella gemma. Ricordo di avere letto in diversi testi di sovrani che, nell'antichità possedevano tesori ricchi di pietre simili*.- replicò Kakuzu, senza tuttavia distogliere lo sguardo dalla pietra preziosa, ancora stretta tra le dita di Pain.
    -E' plausibile, ma vale la pena indagare su di loro. Se questa informazione si rivelasse vera e l'Akatsuki si impadronisse di quelle ricchezze, la nostra organizzazione avrebbe una autonomia finanziaria illimitata.- replicfreddamente poi il ninja portatore di Rinnengan.
    -Avete raccolto qualche informazione su di loro?- chiese Itachi.
    -Sì. E ho scoperto che si sono da poco ripresi da una epidemia che li ha indeboliti molto. Questo ci consentirdi coglierli di sorpresa, eludendo le loro capacità sensitive.- spiegPain.
    -Chi saranno peri ninja che effettueranno tale missione?- domand Itachi.
    Pain, per alcuni istanti, non rispose e scrutò i combattenti che erano riuniti in quella stanza.
    -Saranno Uchiha Itachi, Konan e Hidan.- elencò con voce monotona il capo dell' Akatsuki.
    Konan, sentendo tali parole, rimase impassibile, mentre due combattenti spalancarono gli occhi, sorpresi.
    -Stando alle informazioni ricevute dalle nostre spie, gli elementi da temere sono tre: Tetsuo Kobura, che viene definito il Re Serpente, suo figlio Ichirou, soprannominato la spada umana e un altro elemento di nome Shigeru, detto il manipolatore di veleni.- spieg Pain sempre con voce calma.
    Kisame grugnì, frustato. Conosceva la forza di quel combattente... E avrebbe voluto confrontarsi con lui...
    Tuttavia, le necessità dell' organizzazione erano prioritarie rispetto ai suoi desideri di guerriero.
    -Perché non manda Zetsu?- chiese ad un tratto il nukenin originario di Konoha.
    -Perché il sangue particolarmente velenoso di alcuni di loro rilascia delle sostanze che possono disturbare la sua azione e renderlo visibile. Invece, degli esseri umani non hanno questo problema.- rispose il capo dellAkatsuki.
    -E oltretutto non sarebbero particolarmente visibili.-commentò ironicamente il devoto di Jashin.
    Gli occhi viola di Pain, dinanzi allosservazione del nukenin di Yugakure, brillarono sarcasticamente.
    -La riunione è terminata.- decretò poi e gli ologrammi scomparvero.

    Qualche istante dopo, i combattenti di Akatsuki si allontanarono dalla stanza e Itachi e Kisame rimasero soli.
    -Siete preoccupato?-domandò bruscamente il maestro di spada di Kirigakure, accorgendosi dello sguardo cupo del suo compagno.
    Per alcuni istanti, Itachi non rispose.
    -Non mi sembra una scelta saggia tenere tra i ranghi bassi dellAkatsuki una spia Kobura. Come dice il loro nome, tendono ad agire come serpi.- dichiarò e si passuna mano tra i lunghi capelli neri.
    -Però avete visto anche voi la gemma che teneva in mano il capo. Era enorme.-replicò Kisame.
    -E vero, ma, come ha detto Kakuzu, possono anche avere rubato quella pietra. E poi chi ci dice che quella spia non faccia il doppiogioco? Per quanto ne sappiamo, potrebbe passare i dettagli della nostra missione ai nostri nemici. E noi potremo essere uccisi senza avere la possibilità di difenderci.- dichiarò Itachi.
    -Ma non è questo che vi preoccupa.- affermò il nukenin originario di Kirigakure.
    -No, o meglio non più del solito. Quel che non mi piace che noi non abbiamo la certezza dell' obiettivo. Non sappiamo se convenga o meno. E se quelle ricchezze fossero una voce fatta girare ad arte?- osservò il giovane.
    Kisame, per qualche istante, rimase silenzioso.
    -Non avete tutti i torti, ma bisogna anche esplorare l'ignoto per raggiungere i propri obiettivi. E se veramente i Kobura possedessero quelle ricchezze? La nostra organizzazione avrebbe una autonomia finanziaria illimitata.- dichiarò poi.
    Il ninja del clan Uchiha rimase silenzioso. Forse Kisame aveva ragione...
    Dovevano battere qualsiasi sentiero, per arrivare ai loro obiettivi.
    E, del resto, non era quello che stava facendo anche lui?
    Anche lui stava percorrendo delle strade impensate, pur di raggiungere un obiettivo che gli stava molto a cuore.
    E quell' obiettivo era la pace tra le cinque grandi terre ninja.
    -Sbaglio o non ti è andato bene che il capo abbia scelto me per questa missione?- domandò ad un tratto Itachi.
    Un ghigno contrasse i lineamenti di Kisame, scoprendo le file di denti acuminati e seghettati.
    -E' vero, non lo nego, ma per un motivo ben preciso: Ichirou Kobura, come ha ben detto Pain, è conosciuto come "la spada umana" e questo ti da' una idea della sua abilità come spadaccino. Ecco, mi sarebbe piaciuto confrontarmi con lui e batterlo. Una vittoria da' molte pisoddisfazioni se ottenuta contro un avversario valido.- rispose divertito il ninja originario di Mizu.
    Tuttavia, in seguito, il suo sguardo si fece serio.
    -Ma gli obiettivi dell'organizzazione vengono prima di tutto, per cui va bene così.- rispose scrollando le spalle e carezzando la Samehada, che parve scossa da un tremito voluttuoso.
    Il giovane del clan Uchiha annuì con un cenno, poi si allontanò, presto seguito dal suo compagno.

    *piccola citazione dal libro di Marco Polo "Il Milione". Io ho l'edizione per ragazzi, ma penso abbiano modernizzato solo il linguaggio e censurato le parti più "hot", per il resto credo sia fedele all'originale.
     
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    VII CAPITOLO: Preparazione di una difesa

    Il palazzo del kage di Hebigakure era una casa a forma di L, immersa in ampio un giardino colmo di piante e fiori di diverso tipo e colore.
    Accanto alla casa si elevava maestoso un ciliegio e i suoi rami, adorni di foglie verdi, parevano protendersi verso il cielo, libero di nubi.
    Nel giardino si scorgevano gruppi di primule rosse e gialle, simili a macchie di porpora e d'oro, rari e bellissimi ciclamini viola con la corolla abbassata, e rose dai delicati colori, che sembravano ostentare orgogliose la loro bellezza.
    L'abitazione posava su pali lignei di sostegno e il tetto, al quale erano appese delle lampade, aveva delle propaggini ricurve simili a delle corna di bovino.
    I fusuma* erano di carta di riso decorata con delicati disegni raffiguranti dei glicini di un tenue color viola.
    Un uomo, dell'apparente età di trent'anni, ritto dinanzi al grande ciliegio, fissava pensieroso dinanzi a sé.
    Un kimono bianco sottolineava la sua figura alta e slanciata, ma muscolosa, ed era stretto in vita da un obi blu.
    Lunghi capelli neri, trattenuti in una lunga coda da un nastro anche esso bianco come la sua veste, s'adagiavano sulla schiena e gli occhi, dal taglio allungato e d'un intenso colore violaceo, simile a quello della iolite, erano ombreggiati da lunghe ciglia nere.
    Il suo naso era diritto e sottile e le labbra, anche esse sottili, erano piegate in un sorriso imperscrutabile.
    Al collo era appesa una collana d'oro, terminante in una piccola perla candida, dai riflessi nivei.
    Nella mano destra stringeva una shirasaya** di legno di magnolia verniciata con lacca color mogano.
    Qualche istante dopo, l'uomo si girò e, con un gesto brusco, sguainò l'arma.
    Il bagliore metallico della lama balenò sinistro ed essa, con un rumore sorso, si scontrò con un'altra lama.
    -Bella mossa, Re Serpente. Come sempre, i vostri poteri di guarigione si rivelano alquanto straordinari.-mormorò una voce giovanile, colma di deferenza e rispetto.
    Dinanzi a Tetsuo, in posizione inginocchiata, era un giovane di circa ventisei anni, di statura alta e di corporatura robusta.
    Una folta chioma di riccioli neri circondava il volto dai lineaenti regolari, nel quale erano incastonati gli occhi verdi, simili a foglie di belladonna.
    Lo shozuko rosso che indossava accentuava la potenza della sua muscolatura, che sembrava pronta allo scatto, e ai piedi calzava sandali neri.
    -Come dicevo, siete guarito Re Serpente... Non sono stati necessari i medicinali per allontanare da lei lo spettro di questo morbo.- affermò il giovane.
    Il capo del clan Kobura scosse la testa e fissò con interesse prima i glicini, poi il ciliegio.
    -No Shigeru. Né il mio corpo né i miei sensi si sono ripresi del tutto da questo male. Se sono riuscito a contrastare il tuo attacco è stato perché il vento mi è stato amico e ha portato il tuo odore alle mie narici. E il tuo corpo ha un profumo che ricorda molto le spezie.- spiegò poi e i suoi occhi viola brillarono d'una luce divertita.
    Shigeru, dinanzi a queste parole, rimase silenzioso, apparentemente impassibile.
    -Dove è mio figlio?- domandò poi.
    -Suo figlio è in allenamento sui monti presso Kumogakure. E sempre per lo stesso scopo, mio signore. Perfezionarsi nel kenjutsu.- rispose pacatamente Shigeru e la sua voce parve risuonare d'ironia.
    Tetsuo, con un gesto meccanico, si portò una mano al petto e accarezzò la collana, godendo quasi del suo freddo chiarore contro le sue dita.
    -Sembra che io l'abbia perso del tutto... E pensare che è l'unico figlio che mi è nato da te, Shinju... Ed è perso dietro alle spade.- mormorò e la sua voce parve sfumare in una tenue malinconia.
    Improvvisamente, dinanzi a loro, comparve un colubro di Esculapio dalla livrea rosata, lungo quasi due metri.
    -Buongiorno, Enerugi. Hai qualche informazione da darci sull'Akatsuki?- domandò il capo dei Kobura.
    Gli occhi della serpe brillarono divertiti e la lingua, rapida, saettò.
    -Oh sì,Tetsuo. Sono venuti a conoscenza dei vostri tesori e vogliono indagare.- sibilò il colubro.
    -Capisco. La loro organizzazione avrebbe una autonomia finanziaria praticamente illimitata.- osservò Shigeru.
    -Sì, esatto. E per questo sono intenzionati a infiltrarsi nel clan.-assentì Enerugi.
    -Dimmi, sai i nomi dei nukenin che hanno intenzione di venire a farci una visita?- domandò ironicamente Tetsuo.
    -Certo, so anche questo. Sono Itachi Uchiha di Konohagakure, Konan di Amegakure e Hidan di Yugakure.-rispose il serpente.
    Un sorriso crudele piegò le labbra dell'uomo. Dunque, tra i ninja che erano stati mandati a indagare sul suo tesoro era anche lo sterminatore del clan Uchiha...
    La sorte, evidentemente, lo stava assistendo...
    La testa di quel nukenin gli sarebbe stata utile...
    -E' tutto?-chiese poi rivolgendosi al serpente.
    -E' tutto.- rispose Enerugi.
    -Puoi andare.-dichiarò Tetsuo e il serpente obbedì.
    Per alcuni istanti, i due uomini rimasero silenziosi.
    Il vento scosse lievemente le fronde del ciliegio, facendole risuonare di delicate e malinconiche melodie, e il lugubre canto di un upupa risuonò nel giardino.


    -Mio signore, cosa intende fare?-chiese Shigeru.
    Tetsuo, sentendo le parole del giovane, si riscosse dalle sue meditazioni.
    -Shigeru, ho scoperto di recente che è scomparsa una delle mie gemme più preziose: la “Lacrima di Sangue”.- affermò il capo dei Kobura e il suo sguardo si adombrò.
    -Parla della gemma di cui si impadronì sua madre?- domandò Shigeru.
    -Sì, proprio quella. E sono sicuro di conoscere l'autore del furto.- affermò con tono vibrante di sarcasmo.
    -Per caso è lui?- domandò lo shinobi più giovane.
    -No, non è nel suo stile esporsi in maniera così plateale. L'autore del furto della lacrima di sangue è un altro. Precisamente il traditore.- rispose freddamente.
    -Ma perché rubare una delle sue gemme più preziose? Insomma, così si espone alla sua vendetta.- osservò Shigeru perplesso.
    -Shigeru, un'organizzazione di nukenin, capitanata da traditori di livello S, è un nemico temibile anche per me. E lui, derubandomi di una delle gemme per me più preziose, ha pensato bene di spingere i ninja più potenti di Akatsuki contro di noi. In questo modo spera di potere togliere di mezzo gli elementi più forti dei Kobura.- mormorò il combattente più anziano.
    -Capisco. Ha contato sulla necessità, per una organizzazione come la loro, di avere bisogno di fonti finanziarie.- osservò il giovane uomo.
    -Ma ora cosa intende fare con lui?-domandò poi.
    Un lampo crudele, predatorio, balenò nelle iridi viola dell'uomo e Shigeru sussultò. Quando nel suo sguardo si accendeva quella luce, Tetsuo Kobura non pareva più il Re Serpente, ma rammentava un lupo travestito con squame di rettile..
    -Ho intenzione di ucciderlo. Non si sfugge alla mia punizione, ricordalo Shigeru.- rispose freddamente l'uomo e le sue lunghe dita si strinsero salde attorno alla shirasaya.
    -L'Akatsuki è composta da ninja potenti. Tuttavia non ci faremo trovare impreparati. -affermò l'uomo risolutamente.
    -Mio signore, ha già in mente qualcosa?-chiese il giovane ninja.
    -Sì, Shigeru. Per prima cosa ho bisogno che tu avverta mio figlio Ichirou e mia nipote Hanako. A mio figlio avvertilo dell'urgente necessità di una riunione. Per quanto riguarda mia nipote, deve sapere che voglio parlare con lei.- ordinò il capoclan recisamente.
    Qualche istante dopo rientrò, lasciando solo il giovane.

    Rapidamente, il giovane eseguì dei sigilli.
    -Kuchiyose no Jutsu!-scandì poi risolutamente.
    Due lupi, immediatamente, si materializzarono dinanzi a Shigeru in una nuvola di fumo.
    Il primo era un lupo maschio dalla figura massiccia e dal folto pelo grigio, che sembrava risplendere di bagliori metallici.
    Sul volto dai lineamenti decisi, grigio nella parte superiore e candido in quella inferiore, brillavano gli occhi dorati.
    La sua compagna aveva una figura più esile, ma più agile e il suo pelo era d'un nero talmente cupo da creare, di quanto in quanto, riflessi bluastri.
    Shigeru, fissando i suoi animali, sorrise e li carezzò con dolcezza.
    -Quando sei così dolce, solitamente devi chiederci qualcosa.-affermò ironicamente il lupo maschio.
    Shigeru, dinanzi a quelle parole, annuì divertito.
    -Akela***, Anila****... Ho un ordine da darvi da parte di Tetsuo Kobura.- cominciò il giovane.
    -Quale?- ringhiò la lupa seccata.
    -Akela, tu dovrai raggiungere i monti verso Kumo e dire a Ichirou di tornare qui, perché presto ci sarà una riunione. Anila, invece tuo compito sarà avvertire sua nipote Hanako.- spiegò il giovane.
    -Ancora ordini da parte di quel vecchio? Perché ti prostri ai tuoi piedi?- ringhiò la lupa.
    -Anila, per favore... Prima di comandare, si deve imparare a obbedire*****. E lui ha ancora molto da insegnarmi.- replicò il giovane uomo.
    -Ah, sei il solito!-replicò la lupa infastidita, ma, dopo qualche istante, si dissolse in una nuvola di fumo.
    -Mia figlia non ha tutti i torti Shigeru. Tuttavia, non preoccuparti, non ti tradiremo e sai bene perché.-dichiarò Akela e, poco dopo, seguì l'esempio di Anila.
    Shigeru, per alcuni istanti, osservò il punto dal quale erano scomparsi i lupi. Non lo avrebbero mai tradito...
    -Bene, è ora che rientri in laboratorio.- affermò e si allontanò dal giardino.


    *porte di carta di riso scorrevole

    **arma giapponese caratterizzata da un bastone nel quale è rinchiusa una lama

    ***uno dei lupi dell'anime tratto dal libro “il libro della giungla”.

    ****nome indiano che significa “vento”

    ******Pensiero di Solone, statista greco che cominciò le riforme che avrebbero condotto alla democrazia (?) di Atene nell'VIII secolo A.C.

    VIII CAPITOLO: Preparazione di una difesa (parte 2)

    Anila, rapidamente, si inoltrò nel villaggio.
    -Questa non è vita. Sopportare gli ordini di quel maledetto ed essere al suo servizio come semplici animaletti domestici... Se solo Shigeru si sbrigasse lo farei a pezzi! Gli aprirei il collo!- ringhiava la lupa frustrata.
    Perché Shigeru ancora non si decideva?
    Ad un tratto, colpita da alcuni rumori, si fermò.
    Rimase per alcuni istanti immobile, in ascolto, poi accelerò l'andatura e raggiunse un giardino di media estensione circondato da alberi di diverse specie.
    Su una piattaforma lignea di forma quadrata poggiava una casa non molto grande,della medesima forma, con le pareti di legno di larice.
    Il tetto, invece, aveva la forma di un triangolo e le sue estremità si protendevano verso l'alto e appese allo stesso si scorgevano delle lucerne di bronzo, in quel momento spente.
    La lupa, con rapidità, si nascose dietro un albero, tese le orecchie e rimase immobile.
    -Grazie di tutto, Hanako. Sei un'ottima erborista e devo ringraziare solo te se mio figlio Rei si è salvato. Sei veramente speciale.-esordì la voce di una donna di circa quarant'anni.
    -Si figuri signora Hatsumoto, per me è sempre un piacere aiutarvi e aiutare il mio villaggio.- rispose dolcemente una adolescenziale voce femminile.
    -Ora però mi scusi, devo raccogliere delle erbe medicinali che mi sono indispensabili per il mio lavoro. Se avete bisogno di me, sapete dove trovarmi e come trovarmi. E non esitate a farlo!-si congedò allegramente poi e, qualche istante dopo, la porta della abitazione si aprì.
    Una ragazza di circa sedici anni uscì.
    Il lungo abito bianco che indossava, stretto in vita da una cintura rossa ornata di ricami floreali policromi, sembrava quasi accarezzare la sua figura alta e sottile, e ai piedi calzava sandali dalla suola in legno, ornati sulla sommità da narcisi di stoffa gialla.
    I lunghi capelli castani, dai riflessi mogano, scendevano in delicate onde sulle spalle esili e sulla testa era posata una ghirlanda di fiori dai diversi colori.
    I grandi occhi verdi, simili a lucenti smeraldi e impreziositi da lunghe ciglia, spiccavano nel candore di giglio dell'incarnato, il naso era piccolo e le labbra delicate e rosee, curvate in un leggero sorriso, lasciavano intravedere l'umido chiarore dei piccoli denti.
    Una collana di giada verde cingeva il suo collo e al polso destro portava un braccialetto di granati azzurri, dai riflessi sanguigni.
    -Devi nascondere meglio la tua presenza.- dichiarò la ragazza ad un tratto e la sua voce risuonò d'una delicata nota ironica.
    Anila, avvedendosi di essere stata scoperta, ringhiò seccata, poi uscì.
    -Da quanto tempo ti eri accorta della mia presenza?- domandò poi.
    Hanako sorrise bonariamente, dinanzi alla domanda dell'animale.
    -Non è stato molto difficile. Il tuo corpo emana un calore che è difficile non notare, specie per persone molto sensibili.- rispose lei.
    La lupa sbuffò.
    -Perché sei venuta qui?-domandò successivamente la giovane.
    -Tuo nonno ha bisogno di parlare con te. E sai che il Re Serpente non accetta nessun ritardo quando ha bisogno di qualcosa. - commentò con sarcasmo la lupa.
    -Tutti devono sempre stare ai suoi ordini.- pensò rabbiosa. Perch ancora doveva frenare il suo desiderio di scannare quell'uomo, come un agnello?
    -Capisco. Ti ringrazio per avermi avvertita Anila. Raggiungo subito mio nonno.-mormorò e il suo sguardo si adombrò. Qualcosa di serio stava accadendo nel clan, se suo nonno riteneva giusto convocare anche lei.... Ed era legato al male misterioso che li aveva colpiti?
    La lupa scomparve e Hanako, con passo svelto, si incamminò per raggiungere suo nonno.

    Intanto, Akela percorreva i boschi che rivestivano le montagne che circondavano Kumogakure.
    -Si sceglie sempre dei posti piuttosto impervi, per allenarsi. Alle volte quell'uomo non sembra un serpente.- brontolò il lupo maschio guardandosi intorno. Ma le apparenze, come aveva ben imparato, spesso ingannavano...
    Purtroppo per lui, conosceva bene Ichirou Kobura, il figlio di quel maledetto che, ingiustamente, aveva usurpato il titolo di Re Serpente...
    Qualche istante dopo, un tonfo attirò la sua attenzione.
    Percorse circa trenta metri e vide, ai piedi di un abete, un macaco rosso, trafitto da un pugnale allo stomaco.
    -Un solo colpo. Preciso e senza un grido. Quell'uomo un sicario perfetto.- pensò Akeka contemplando con interesse il corpo della scimmia, irrigidito nella morte.
    Qualche istante dopo, un altro pugnale sfrecciò verso di lui, che lo evitò con un balzo.
    La lama, con un rumore sordo, si immerse nel tronco di un albero poco distante.
    -Vuoi per caso usarmi come bersaglio, Ichirou?- affermò Akela sarcasticamente.
    Improvvisamente, dinanzi al lupo, comparve la figura alta e robusta di un uomo dell'apparente etdi venticinque anni.
    Solo un paio di larghi pantaloni neri copriva le sue gambe e le sue braccia e il suo busto erano coperti da cicatrici e tagli vivi, che parevano disegnare complicati arabeschi.
    Sul modellato dei lineamenti regolari spiccavano gli occhi sottili, d'un intenso color nero, simile a quello della belladonna.
    Nella mano destra stringeva con determinazione una katana, dalla lama scintillante di lividi bagliori, e nella sinistra un pugnale dall'elsa riccamente decorata.
    -Mi domando perché Shigeru usi ancora gli animali di due persone che tradirono mio padre e complottarono contro di lui. Eppure, lui ne l'erede designato. Anzi, direi che Shigeru per mio padre il figlio che avrebbe sempre desiderato.- frecciironicamente l'uomo fissando il lupo,
    Akela finse di non accorgersi delle parole di scherno dell'uomo.
    -Prima che tu mi usi come bersaglio, voglio avvertirti che tuo padre vuole vederti assolutamente. E' indetta una urgente riunione tra te, lui e Shigeru.-lo informò impassibile.
    Ichirou, con apparente indifferenza, si avvicinal macaco ed estrasse il pugnale dal suo ventre.
    -Perché dovrei venire? Ormai mio padre mi ha messo ai margini... Se non mi uccide solo perchio sono il più puro dei ricordi che lui ha di mia madre... Per cosa mi può importare del resto?- mormorò e la sua voce, per alcuni istanti, si incrinò.
    Il lupo, sentendo queste parole, sbuffò.
    -Ma forse, me lo sono meritato anche io... Ho disonorato il nome dei Kobura, col mio sciocco comportamento giovanile, che ha avuto delle conseguenze.- continuò quasi parlando tra sé.
    -Ti comunico che stata chiamata anche tua figlia Hanako da tuo padre.- affermò ad un tratto in tono pratico Akela.
    Ichirou, che si era voltato, girò la testa di scatto.
    -Cosa vorresti dire? Che le due cose sono collegate?-ringhiò l'uomo.
    Il lupo sorrise sinistramente, scoprendo i denti candidi come perle e affilati come pugnali, che sembravano pronti a immergersi nella carne di una preda.
    -Io non posso conoscere le intenzioni di tuo padre e non ci tengo nemmeno. Ma presumo sia compito tuo controllare che tua figlia non venga esposta a inutili pericoli. Sbaglio? Lo farei anche io con la mia piccola Anila.- ironizzò Akela.
    -Tieni per te i tuoi commenti!-saettò il figlio di Tetsuo Kobura e, rapidamente, si allontanò.

    Per alcuni minuti, il lupo osservò la figura di Ichirou allontanarsi, fino a quando non scomparve.
    -Se non sapessi chi avrei pietà di lui e del suo forte amore paterno.-mormorò. Quella reazione gli aveva rivelato l'enorme istinto di protezione di Ichirou verso sua figlia...
    Era figlio di un uomo viscido come una serpe, eppure in diversi momenti rivelava l'animo di un lupo...
    -Bah, ma cosa mi prende? Sto proprio invecchiando.- affermò e, dopo alcuni istanti, scomparve in una nuvola di fumo.
     
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    IX CAPITOLO: Le ombre del male

    Nel villaggio di Konoha la Godaime Hokage, seduta alla sua scrivania, leggeva con attenzione dei documenti, assistita da Shizune, e, di tanto in tanto, firmava.

    Improvvisamente, dalla finestra comparve Jiraiya.
    -Buongiorno, splendide fanciulle.-esordì il ninja leggendario ironicamente e il suo sguardo vagò interessato sul decolleté prosperoso della nipote di Hashirama Senju, che, seccata, strinse gli occhi.
    -Jiraiya, potrebbe rivelarci il contenuto delle sue scoperte senza fare lo spiritoso?- intervenne Shizune.
    -E a quello che ha detto Shizune aggiungerei anche il farti vedere lo stato della ferita che hai al braccio destro. Emana un odore piuttosto forte e percepibile anche a chilometri di distanza.- commentò la donna.
    -Ma non è necessario...- iniziò l'eremita dei rospi, ma lo sguardo perentorio della compagna, che, frattanto, si era alzata, lo costrinse a tacere.
    Con un gesto secco, Tsunade strappò la fasciatura improvvisata, zuppa di sangue, che si avvolgeva attorno al braccio del compagno, liberando un arto dominato al centro da un vistoso livido nero, che sembrava espandersi, come le onde concentriche di un lago nel quale era stato lanciato un sasso.
    Nel gomito dell'uomo era piantato il frammento di una pietra nera di forma romboidale.
    -Che cos'è?-chiese Tsunade sorpresa.
    Jiraiya strinse i denti, come se stesse cercando di trattenere un forte malessere, poi cominciò:- Vedete...Questo frammento che è conficcato nella mia carne è ciò che resta di una pietra che, non so come, credo sia in grado di controllare la mente delle persone e di trasformarli in zombie viventi.-
    Tsunade lanciò uno sguardo a Shizune, che comprese, annuì e uscì.
    Qualche istante dopo, la giovane ritorno con una sedia e l'eremita dei rospi, con un sospiro grato, si lasciò cadere su di essa.

    -Continua.-lo incoraggiò la compagna, senza smettere di guardarlo.
    -Ma perché adesso quella pietra è nel tuo braccio?- chiese poi lei.
    L'eremita si passò una mano sulla fronte, da cui scendevano gocce di sudore, e , per alcuni istanti, tacque.

    -Non so se sia un procedimento che hanno usato solo con me o con altri che hanno provato a contrastarli... Ma, come ben sai, mi sono imbattuto in loro nel corso delle mie vagabondaggi... Beh, quello che era a capo di quel loro drappello ad un certo punto è saltato in aria e questa pietra si è conficcata nel mio braccio... E, dopo un po', ho cominciato a soffrire di questi orribili malesseri...-sospirò con voce sofferente.
    Tacque e, per alcuni istanti, respirò affannosamente.
    -Mi dispiace, non sono riuscito a sapere nulla di più... Anche perché solo il capo aveva questa pietra dentro la carne...-continuò.
    Poi un sorriso ammorbidì i suoi lineamenti.
    -Per fortuna Naruto sta bene...-soffiò e un attacco di tosse cavernosa lo scosse violentemente.
    Tsunade, poi, si sedette e vergò alcune parole su un foglio.
    -Shizune, fa in modo che tutto sia pronto affinché Jiraiya sia ricoverato. Tra qualche giorno verrà operato. Ah, informa gli adetti ai laboratori che si tengano pronti. Avranno del materiale da analizzare.-ordinò la donna risolutamente.
    -Certo, Hokage.- rispose la più giovane e si allontanò.


    -Jiraiya, ho bisogno che tu mi dica cos'altro hai scoperto nel corso delle tue indagini. Poi ti porterò in ospedale e non accetto scuse.- esclamò con tono risoluto la discendente di Hashirama Senju.
    -Come desidera, mia signora. Non posso certo difendermi da così tanta premura.- ironizzò debolmente il combattente.
    Poi il suo volto si fece serio.
    -Vedi, ho scoperto che la attuale Mizukage, Mei Terumi, ha deciso di stringere un'alleanza con l'attuale Raikage.- cominciò.
    -Interessante. Continua.-lo incoraggiò la compagna.
    -Ho scoperto qualcosa sull'identità dell'ufficiale diplomatico di cui Mei Terumi ha intenzione di servirsi per raggiungere questo suo scopo. E' una giovane donna e ha lavorato anche per Yagura come spia.- spiegò l'uomo.
    -E' un po' strano che Mei Terumi si serva di una donna che è stata al soldo del precedente Mizukage. Lei stessa non ha sempre detto di volere rompere i legami col regno del suo predecessore?-riflettè l'Hokage.
    -Tsunade, non essere ingenua. Sai anche tu che molto spesso i ninja servono il loro paese, dimenticandosi quanto esso possa identificarsi con chi lo governa... Quindi manovre simili non sono inconsuete...- replicò sarcasticamente l'uomo trattenendosi a stento dal vomitare.
    -Sì, hai ragione. Però sai anche tu che non possiamo essere imprudenti.- replicò la donna dopo alcuni istanti di cogitabondo silenzio.
    -Allora che intendi fare?- chiese lui.
    Un mezzo sorriso ironico piegò le labbra vermiglie di Tsunade.
    -Voglio che questa donna venga qui a Konoha. Appena ti sarai ristabilito, voglio che tu venga a sapere con assoluta precisione il giorno del suo arrivo a Kumogakure. Manderò una lettera al Raikage e gli chiederò di inviarla qui. Desidero vedere con chi dovrà avere a che fare e poi deciderò se sarà nostra nemica o no.- rispose risolutamente l'erede del clan Senju.
    -Sì... E' giusto...- assentì il guerriero.
    Qualche istante dopo, Shizune ritornò.

    -E' fatta, Hokage.- annunciò con un sorriso la giovane.
    -Bene Shizune, sapevo di potermi fidare di te. Ora dobbiamo accompagnare questo signore all'ospedale, affinchè venga ricoverato e curato. Ah, e che non si azzardi a fare scherzi o non risponderò delle mie azioni.- ironizzò la ninja più anziana, ma la sua voce vibrò d'una nota sinistra.
    L'uomo rise dolorosamente e, accompagnato dalle due donne, uscì dal palazzo.



    Il manto candido della neve ricopriva le strade di Yukigakure, che sembravano nascoste da un pesante drappo sepolcrale.
    Spiccava, in quel monotono candore, un tori* rosso, che rassomigliava ad una fiamma pietrificata in una strana posizione.
    Una figura umana di media altezza, avvolta in un ampio mantello, si palesò e, improvvisamente, come per un potente incantamento, dinanzi ai suoi occhi comparve un tempio a due piani, dalle pareti rosse.
    Il tetto, anche esso del medesimo colore, aveva le punte sollevate verso l'alto, come le corna di un bovino.
    Con un movimento rapido, essa si privò del cappuccio, liberando lunghi capelli castani e un volto femminile dai lineamenti sottili, su cui spiccavano gli occhi verdi, tagliati a mandorla, che ricordavano due giade.Al collo era appeso un ciondolo a cui era legato un pendente a forma di drago, di purissima nefrite.
    -Il tempo non è ancora giunto... Ma presto giungerà .-pensò e, con passo deciso e risoluto, entrò all'interno della struttura templare.


    Entrò nell'honden** del tempio, che era di forma quadrata, dalle pareti di legno laccato.
    Le luci di alcune lampade poste ai quattro lati della struttura illuminavano di bagliori dorati la statua di un dragone di giada, poggiato su un basamento di marmo.
    Le scaglie del corpo serpentiforme, che sembrava immobilizzato in una complicata torsione, erano magistralmente intarsiate nella pietra.
    Il volto dell'animale ricordava quello d'un coccodrillo ed era circondato da una folta criniera, che sembrava mossa da un vento inesistente.Accanto alla statua la donna scorse una figura umana di alta statura, avvolta in un mantello bianco, che stringeva in mano uno dorje d'argento.
    La donna, scorgendo l'individuo accanto alla statua, si avvicinò e si inchinò.
    -Che tu sia benvenuta, cara Ren... La nostra famiglia ti accoglie.-mormorò l'incognito e, con un gesto deciso, si liberò anche egli del cappuccio.
    Il viso di un uomo dell'età di quarant'anni, dai lunghi capelli neri, inframmezzati da macche candide, si palesò.
    Gli occhi, neri, dal taglio allungato e dall'espressione predatoria, simile a quella di un felino nell'attesa della preda, risaltavano sull'insieme regolare dei lineamenti.
    -Maestro... Purtroppo le porto una brutta notizia. L'attacco dei nostri al tempio di Kasai è stato sventato. E il suo diletto figlio Hyui è morto eroicamente, combattendo contro il leggendario Jiraiya, eremita dei rospi.- sospirò Ren con voce apparentemente dispiaciuta.
    L'uomo tacque per alcuni istanti, poi sorrise.
    -La morte di Hyui mi addolora profondamente, cara Ren, ma anche il sangue dei nostri fratelli e delle nostre sorelle non è che un prezzo miserevole affinché siano trovati i cinque sacri talismani, che ci consentiranno di risvegliare il chakra che dorme in ognuno di noi. Solo così potremo eseguire i suoi ordini.-affermò l'uomo e fissò con espressione serena la statua di dragone, che, illuminata dalle luci delle lampade, parve attraversata da un fremito di vita.
    Poi si scosse e guardò la donna, che era inginocchiata presso di lui.
    -Mia cara Ren, tu però non sei qui solo per darmi una notizia così cattiva come la morte del mio diletto figlio.- mormorò l'uomo.
    Ren sorrise e il suo sguardo brillò d'una luce sadica.
    -No, maestro... Io e sorella Katsumi ci teniamo spesso in contatto e lei mi ha comunicato di avere avuto una caccia fruttuosa... Nuovi sacrifici affinché la sua missione vada avanti sono in arrivo per lei.- affermò lei.
    -Bene. Anche una giornata apparentemente così triste può avere dei risvolti impensati. Cara Ren, mi seguirai anche oggi nelle cerimonie del sacrificio?-domandò retoricamente l'uomo.
    La donna annuì e l'uomo uscì dal tempio, presto seguito da lei.


    **sancta sanctorum del tempio shinto
    *portale d'ingresso
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    X CAPITOLO: Scoperte

    Intanto, a Kirigakure, nel palazzo del Mizukage, Mei attendeva l'arrivo di Ao.
    -Spero proprio che riveli qualcosa di interessante...-pensò la giovane donna, senza smettere di visionare la burocrazia. Conosceva bene l'odio del suo predecessore per i possessori di innate, eppure lei era una Kobura, per quanto mezzosangue, quindi anche lei portatrice di una innata...
    Come era riuscita a sfuggire alla sua repressione spietata e paranoica?
    Di quale trucco si era servita per nascondere la sua identità e per acquisire potere durante quel periodo maledetto?
    Il rumore di colpi alla porta interruppe i suoi pensieri e, dopo qualche istante, Ao entrò.
    -Ci sono novità?-domandò la Mizukage fissando il suo occhio verde sul suo collaboratore.
    -Sì. E sono anche novità piuttosto consistenti.-affermò il jonin.
    Mei, con un cenno della testa, lo invitò a parlare.
    -Vede Mizukage, abbiamo scoperto perché Yagura non è mai riuscito a scoprire le sue origini. Nel corso delle analisi mediche che le abbiamo fatto, sono state trovate tracce di una camomilla che cresce nel villaggio di Hiyashinshu*, situato a poca distanza dal nostro.-cominciò Ao.
    -Questo fiore, stando a quanto ci dice lei stessa, deve essere assunto tramite infusione, dopo un periodo di essiccazione, proprio come le normali camomille, usate come un sedativo omeopatico.-proseguì il guerriero.
    -Quindi tale fiore, stando a quanto avete scoperto e a quanto lei stessa vi ha detto, sopprime quelle particolarità che fanno del suo sangue una potente innata.-constatò Mei.
    -Esatto, ma non è tutto.-affermò Ao.
    -Cosa intendi?-domandò la giovane kage.
    -Una delle ricchezze del villaggio di Hiyashinshu è costituita dalle entrate del bordello Sango**. E, come lei ben sa, è lo stesso bordello nel quale lei ha lavorato da bambina e di cui Ayane Hoshino, sua madre, è l'attuale proprietaria.-continuò l'uomo.
    -C'è solo una cosa che non mi risulta chiara: come mai di questo bordello era ignota la collocazione precisa? Per caso Ayane Hoshino si serviva di una attività di copertura?-domandò la Mizukage.
    Ao annuì.
    -Esatto. Vede, Ayane Hoshino è stata, un tempo, una valente kunoichi, molto interessata a erbe medicinali e veleni. Tuttavia, dopo poche missioni di alto livello, ha deciso di ritirarsi e ha preso il posto della precedente proprietaria nella gestione del bordello. Tuttavia, come copertura, ha aperto un negozio di erbe e veleni per shinobi che le frutta un bel guadagno.-spiegò l'uomo e un leggero sorriso piegò le sue labbra.
    Una risatina risuonò sulle labbra vermiglie di Mei. Malgrado tutto, stimava una donna dotata di tanta intelligenza...
    E sembrava che sua figlia avesse ereditato le sue caratteristiche positive...
    Era sempre più convinta della sua scelta, malgrado odiasse ricordare il periodo della Nebbia di Sangue...
    -Ao, c'è altro che devi dirmi?-chiese poi la donna.
    -Mizukage, ho esaminato il suo chakra e ho notato ci sono delle perturbazioni, rispetto a quando l'abbiamo prelevata dall'isola di Mo.-affermò il jonin.
    -E cosa pensi che siano?-domandò lei.
    -Penso che siano indice di qualche problema di salute che, per ora, si mantiene asintomatico. I medici, tuttavia, nelle loro analisi non hanno scorto nulla che non andasse. E questo è molto strano.-affermò lui.
    -Capisco, tu ritieni sia opportuno scoprire di che si tratta affinché, al suo arrivo a Kumogakure, sia perfettamente efficiente e in grado di cominciare il suo lavoro.- dichiarò la Godaime Mizukage.
    -Sì, secondo me è la giusta via da seguire.-confermò il combattente.
    -Ao, non hai tutti i torti, tuttavia non possiamo fare saltare l'alleanza per qualcosa di cui noi non sappiamo spiegare l'origine e che potrebbe dissolversi in una bolla di sapone. Comprenderai anche tu che questo potrebbe accentuare la diffidenza dell'attuale Raikage. Suo fratello adottivo è jinchuuriki di Hachibi, e, per questo, lui a momenti non si fida neanche dei membri del suo stesso villaggio, figurarsi di stranieri come noi!-affermò lei calcando con enfasi le ultime parole.
    -Comprendo. Quali sono i suoi ordini?-domandò Ao con voce calma.
    -Nessuno in particolare. Tutto proseguirà come previsto.-affermò la giovane kage.
    -Puoi andare.-lo congedò poi lei e il ninja si allontanò.

    Nello stesso momento, nel paese di Yukigakure, l'uomo e Ren, usciti dal tempio, camminavano a passo spedito.
    -Maestro Tenzen... Siete magnifico.-pensò la donna e un fremito d'eccitazione le percorse il corpo. Grazie a lui aveva trovato un nuovo scopo, dopo la partenza da Kirigakure seguita alla caduta dello Yondaime Mizukage...
    La caduta di Yagura e l'ascesa al titolo di Mizukage di Mei Terumi avevano trasformato lei e la sua compagna Katsumi, un tempo rispettate e temute perché molto vicine al Mizukage, in due reiette che dovevano uccidere per vivere...
    Ma, grazie a lui, avevano ritrovato uno scopo per cui vivere...
    Avrebbero ritrovato i cinque gioielli leggendari e, grazie ad essi, ci sarebbe stata la rinascita del demone dragone...
    Alcuni minuti dopo, i due arrivarono dinanzi ad una struttura megalitica che si componeva di tanti menhir di pietra nera, che svettavano contro la lastra metallica del cielo grigio, che sembrava stretto dalla morsa delle nubi.
    Tenzen e Ren, con passo solenne, percorsero il corridoio di ingresso dello stonehenge ed entrarono nell'area sacra.
    Venti uomini e dieci donne, avvolte in paludamenti neri, erano presenti all'interno e due di essi, particolarmenti robusti, stringevano e tenevano fermo un giovane, vestito di uno shozuko nero.
    -Benissimo. E così la mia prossima vittima sarà un ninja di buon livello.-affermò Tenzen e un sorriso diabolico curvò le sue labbra.
    La sua forza di guerriero presto sarebbe aumentata ancora, conferendogli un potere immenso...
    Una donna si staccò dal gruppo e si avvicinò a Ren.
    Qualche istante dopo, si privò del cappuccio e rivelò il viso dai lineamenti duri, seppur regolari, su cui regnavano gli occhi, sottili e dal taglio allungato, d'un freddo colore grigio.
    I capelli, d'un nero cupo, simile al mantello delle pantere, erano lisci e raggiungevano le spalle.
    -Katsumi, dove è la prossima offerta?-domandò Tenzen.
    -I purificatori lo stanno sottoponendo al rituale che lo renderà degno di diventare parte della sua essenza.-rispose la ex ninja al servizio di Yagura.
    L'uomo, con un leggero cenno del capo, annuì.
    -Molto bene. Consegnami i kozuka.-le ordinò l'uomo e la donna, con sollecitudine, tirò fuori dal mantello due pugnali dall'impugnatura lignea, riccamente istoriata di raffigurazioni astratte.
    Alcuni minuti dopo, due uomini particolarmente robusti entrarono nell'area sacra,trascinando con loro un giovane, vestito solo d'un paio di pantaloni neri.
    -Molto bene. E così abbiamo un ninja, per quanto di un villaggio misconosciuto...-ghignò Tenzen stringendo i kozuka.
    Il giovane, che si era ripreso, tremò dinanzi allo sguardo gelido dell'uomo.
    -Cominciamo.-ordinò e, dopo che ebbe steso le braccia, le mani armate dei kozuka, le mosse creando nell'aria l'immagine di un ideogramma.
    Essa, vermiglia, si stampò sul torace dell'uomo, che, immediatamente, cominciò a contorcersi dal dolore, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica.
    L'uomo consegnò le armi a Katsumi e, poi, con solennità, piegò il braccio destro e strinse la mano a pugno, liberando solo l'indice e il medio.
    Poi salmodiò alcune formule e un f lusso di chakra lento, ma costante, cominciò a sgorgare dal petto del giovane, penetrando nelle iridi spalancate di Tenzen.
    Un'aura dorata sfolgorò di bagliori dorati attorno al corpo dell'uomo e, per alcuni istanti, parve illuminare debolmente le pietre. Sentiva in quel momento la forza aumentare... Il sangue gli incendiava le vene e tutto il corpo sembrava palpitare di una nuova vitalità...
    Gli pareva che gli anni scivolassero dal suo corpo...
    Nessuno, in quel momento, osava proferire parola. Avevano visto diverse volte il loro maestro effettuare simili sacrifici, eppure quella sensazione di solennità non diminuiva...
    Tutti erano sicuri che si stesse compiendo un rituale magico, collegato in qualche modo alla divinità da essi venerata e temuta...
    Alcuni minuti dopo, l'emissione di chakra dorato svanì,simile ad una fiamma ormai priva dell'ossigeno.
    Per alcuni istanti l'uomo rimase immobile, gli occhi chiusi e i lunghi capelli neri scossi dal vento. Quell'immissione di chakra era stata per lui portentosa...
    Il suo corpo era diventato ancora più forte...
    Repentinamente, aprì gli occhi.
    -Ora la tua forza è mia.***-dichiarò poi sorridendo e fissando il corpo della sua vittima, apparentemente privo di ferite, stretto ancora tra le braccia dei purificatori.
    -E' ora di andare.-ordinò poi e con passo solenne si allontanò, seguito dai seguaci.
    Ren, per diversi istanti, fissò la schiena dell'uomo.
    -Svegliati dai tuoi sogni e ascoltami.-affermò seccata Katsumi e la scosse bruscamente.
    -Che cosa vuoi?-chiese l'altra.
    -Non siamo ancora fuori pericolo. L'attuale Mizukage è riuscita a scovare Shiroi Bara, la traditrice.-imprecò Katsumi e strinse il pugno.
    -Cosa?-afferò la più giovane. Non riusciva a credere che quella serpe fosse ancora viva...
    E, di sicuro, conoscendo il suo carattere, pur di distruggerle, non avrebbe esitato ad aiutare la Mizukage se le fosse stato richiesto...
    Poi, un leggero sorriso piegò le sue labbra. Ma perché si preoccupava?
    -Che cosa hai da ridere?-ringhiò Katsumi.
    -Oh cara sorella... Dimentichi che ora non siamo da sole. E soprattutto lui ci può proteggere...-mormorò Ren e i suoi occhi brillarono di una luce fanatica.
    L'altra ninja sospirò. La considerazione di Ren non era insensata, ma la sua devozione verso Tenzen le impediva di comprendere la realtà...
    Per quanto immensi fossero i poteri del maestro, a causa delle loro azioni, presto contro di loro si sarebbero lanciate tutte le terre dei ninja...
    -Katsumi, non preoccuparti. Ne parlerò col maestro e lui saprà come consigliarci.-sorrise dolcemente Ren e si incamminò per uscire dall'area sacra.
    La compagna, pur dubbiosa, la seguì.

    Nello stesso momento, nel territorio di Hebigakure, dinanzi ad una colonna marmorea, a cui si attorcigliavano come serpi delle piante rampicanti, un uomo di alta statura, avvolto in un candido kimono, attendeva.
    Il suo volto ricordava quello di Tetsuo Kobura, ad eccezione degli occhi, che avevano il colore dell'elleboro verde.
    Un rumore di terra smossa attirò la sua attenzione e l'uomo si chinò.
    Qualche istante dopo, il muso di una talpa alpina emerse dal terreno.
    -Ho un messaggio per lei, Hatsuo Kobura.-annunciò brevemente l'animale.
    L'uomo annuì, posò le dita sulle tempie dell'animale e chiuse gli occhi.
    -Ti ringrazio, puoi andare.-dichiarò freddamente e la talpa, obbediente si allontanò.
    -E così presto l'Akatsuki giungerà qui... Devo essere pronto, quando sarà questo momento.-mormorò pacatamente. L'odiato marito della sua cara sorella Shinju era probabilmente il più forte tra di loro, ma uno scontro contro un ninja dell'Akatsuki non sarebbe stato facile nemmeno per lui...
    Anzi, un eventuale scontro sarebbe stato debilitante per lui, come per i componenti di quella maledetta triade...
    Anche suo nipote e Shigeru, per quanto potenti, da uno scontro contro gli shinobi di Akatsuki sarebbero stati provati...
    -Bene.-mormorò e, con passo calmo e deciso, si allontanò dalla colonna.


    *giacinto
    **corallo, legato alla sensualità
    ***il nome del maestro è quello di Yakushiji Tenzen, villain di Basilisk e i suoi modi di agire ricordano quelli dello stregone Shang Tsung di Mortal Kombat.
     
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    XI CAPITOLO: La partenza di Kaileena


    L'alba era sorta sul villaggio di Kiri.
    Il sole accendeva di oro e carminio le nuvole, sparse lungo il firmamento, e gli uccelli diurni sfrecciavano, pronti allo svolgimento delle loro attività.
    Kaileena, ritta dinanzi ad un grande specchio, si ammirava compiaciuta. La sua forza non era sufficiente per contrastare quell'uomo, tuttavia lei era sicura di possedere un'arma più potente di qualsiasi ninjutsu...
    La sua bellezza le avrebbe consentito di raggiungere il potere...
    Un lungo mantello bianco, bordato di pelliccia anche essa candida sul collo e sulle spalle, si allargava dietro di lei e toccava le sue caviglie.
    Indossava una lunga maglia gialla, che era stretta in vita da una cintura marrone, a cui era appeso un kriss dalla lama serpentina e dall'impugnatura riccamente istoriata e le lunghe gambe da gazzella erano sottolineate da pantaloni viola e da alti stivali neri, anche essi bordati di pelliccia bianca come il mantello.
    Guanti viola, ornati anche essi di pelliccia coprivano le sue mani e gli avambracci.
    I lunghi capelli neri erano raccolti in una semplice coda e al collo era appeso una semplice collana d'oro, a cui era appesa una pietra di luna di forma circolare, palpitante di riflessi iridescenti.
    -Sei bellissima Kaileena.-si disse e un sorriso delicato curvò le sue labbra vermiglie. Gli uomini credevano di essere forti, ma dinanzi alla bellezza di una donna come lei le loro difese cadevano...
    Anche il Raikage sarebbe caduto dinanzi a lei...
    E le sarebbe stato facile manovrarlo e condurlo verso gli scopi suoi e della Mizukage...
    Sospirò crucciata. Quel potere le avrebbe consentito di ottenere la vendetta contro quell'uomo...
    Eppure, malgrado ne fosse consapevole, questo non la rendeva del tutto serena.
    Per quanto fosse sicura delle possibilità della sua bellezza, sentiva il cruccio di non potere ottenere la sua vendetta da sola...
    Detestava la sua dipendenza da qualcuno, ma non poteva assolutamente prescindere da quello...
    Si tolse poi il guanto e, dopo che ebbe aperto lo zaino, estrasse un rotolo e lo aprì, appoggiandolo in seguito sul pavimento.
    Si tolse un guanto, con decisione, si passò una mano sul filo del kriss, poi la appoggiò sulla pergamena.
    Il grande specchio si dissolse in una nuvola di fumo e Kaileena, con rapidità, chiuse il rotolo e lo rimise nello zaino.
    -Stanno arrivando.-mormorò tra sé e attese.

    Dopo qualche minuto, la giovane si alzò e aprì la porta.
    -Ao, Choujiro, benvenuti.-lo salutò con voce vellutata.
    Il giovane spadaccino, per alcuni istanti, si irrigidì. Quella voce, dalle sonorità così gradevoli, celava, ne era sicuro, inganni e malizia...
    Detestava quei suoi modi di fare e di agire..
    Sembrava si stesse prendendo gioco di lui e di quello che rappresentava il villaggio!
    -Sei pronta?-domandò freddamente Ao.
    -Certo.-rispose prontamente la kunoichi.
    -Allora seguici. Non abbiamo tutto questo tempo.-le ordinò l'uomo.
    Kaileena si sistemò lo zaino sulle spalle e li seguì.

    Raggiunsero il porto del paese di Mizu.

    Una barca di medie dimensioni era attraccata e ondeggiava pigramente, scossa dal leggero vento che spirava.
    Un uomo alto e robusto, dalla pelle abbronzata e vestito di bianco, uscì dalla cabina e salì sulla banchina.
    -Hatsuo, tieni il tuo compenso.-affermò Choujiro e si tolse dalla cintura un piccolo sacchetto contenente alcune banconote.
    L'uomo contò le banconote, poi sorrise.
    -La Mizukage è stata molto generosa. Molto bene, non fallirò.-affermò e guidò la giovane jonin sulla barca, che venne presto seguita dai due uomini.
    L'imbarcazione sciolse gli ormeggi e, dopo un po', il porto scomparve alla loro vista, confondendosi nella luce viva del sole.

    All'ospedale di Konoha, intanto, i medici terminavano di visitare Jiraiya.
    Ad un tratto, la porta si spalancò con fracasso e, per poco, non si ruppe in mille pezzi.
    -Naruto, non ti ricordi che siamo in un ospedale?-domandò apparentemente seccato l'eremita dei rospi fissando i suoi occhi neri nelle iridi azzurre del giovane ninja.
    Il jinchuuriki di Kyuubi si grattò la testa, confuso.
    -Scusami maestro, ma... volevo sapere come stavi. Quando siamo arrivati qui non stavi molto bene.-replicò il ninja e sorrise imbarazzato.
    Jiraiya sospirò e scosse la testa.
    -Io mi sono ripreso, ma non possiamo ancora allontanarci da Konoha. L'Hokage mi ha detto che ha molte cose da dirmi sulla pietra che avevo nel braccio.-dichiarò con voce seria.
    -Naruto, ora puoi tornare dai tuoi amici? Devo terminare le visite e poi andare dall'Hokage.-gli domandò poi.
    -D'accordo. Ma tu mi prometti che mi spiegherai cosa era quella pietra?-chiese l'adolescente.
    Lo shinobi scosse la testa.
    -Naruto, dipenderà dalle informazioni ricavate dai laboratori. In questi casi è meglio essere prudenti.-affermò l'uomo con un tono che non ammetteva repliche.
    Il ninja adolescente sbuffò, ma non rispose e uscì.



    Un po' di tempo dopo le visite mediche terminarono e Jiraiya, sbrigate le pratiche, si diresse verso il palazzo dell'Hokage.
    -Cosa hai scoperto, Tsunade?-domandò l'uomo entrando nello studio della compagna.
    -Vedi, le analisi dei laboratori ci hanno detto che quella pietra è stata marchiata da un sigillo che consente di trasformare una persona in un morto vivente, controllandone la mente. Come avrai capito, questo accade quando questa viene introdotta accanto al cuore della persona.-spiegò la discendente di Hashirama Senju.
    -Ma perché un frammento di quella pietra si è conficcato nel mio braccio?-domandò l'eremita dei rospi e, con un gesto istintivo, si passò la mano destra sul braccio sinistro.
    -Non ne sono molto sicura, ma credo che la pietra, dinanzi alla sconfitta del suo possessore, sia programmata per fare sì che il corpo esploda e un frammento di essa trafigga il corpo del nemico, condannandolo a morte. E' come se essa fosse pregna di vapori mefitici.-spiegò la kunoichi.
    La donna tacque, come se fosse indecisa se tacere o proseguire nella discussione.
    -Credo che tu non mi abbia detto tutto, Tsunade.-affermò Jiraiya.
    -Jiraiya, ricordi gli adoratori del re demone dragone?-gli domandò di rimando lei.
    -Cosa? Ma non furono distrutti da una azione degli ANBU creati dal Nidaime Hokage?-esclamò sorpreso.
    -E' solo un sospetto, ma non lo puoi escludere. Ai tempi del mio prozio, solo il loro maestro era in grado di usare i sigilli che rendono quelle pietre così pericolose. E la pietra che è stata usata come arma contro di te è dello stesso tipo.-replicò la donna con voce cupa.
    -Ma io ricordo che il loro maestro era un uomo già vecchio e malato. Come avrebbe fatto a sopravvivere al trascorrere del tempo e a sfuggire agli ANBU del Nidaime Hokage? Senza contare poi gli altri villaggi...- rispose sempre più sorpreso l'eremita dei rospi.
    -Non lo so Jiraiya... Non lo so.-rispose la Godaime Hokage e si passò una mano nella lunga capigliatura dorata.
    -Non ci voleva... Ci mancavano questi pazzi, oltre all'Akatsuki e alle strane manovre di Kumo e Kiri.-pensò poi e batté un pugno sulla scrivania, che, stranamente, non si crepò.
    -Non preoccuparti, ti darò io le informazioni che cerchi, per quanto riguarda le manovre di Kumo e Kiri. Presto quella ragazza non sarà più un mistero per te e, soprattutto, per me.-dichiarò con tono ironico.
    La donna strinse gli occhi, saettando su di lui uno sguardo seccato, e l'uomo, discretamente, si allontanò.

    Tre figure, avvolte in mantelli neri che coprivano le loro fattezze, le spalle cariche di bisacce colme di pesi, camminavano con lentezza verso il villaggio di Hebi.
    -Fermiamoci!-ordinò ad un tratto Konan risolutamente, dopo essersi portata la mano alla cuffia della sua piccola ricetrasmittente.
    -Qualche problema?-domandò Itachi.
    -Sì... Tutto questo silenzio è molto strano. Se davvero non sapessero nulla di noi, incontreremo persone che svolgono le loro normali attività... Questo silenzio ha l'aria di qualcosa di artificiale.-affermò la kunoichi di Ame.
    -Vorresti dire che ci attendono?-domandò Hidan.
    -Non lo so, ma sono sicura che presto lo scopriremo.-dichiarò lei e continuò a camminare, seguita dai suoi due compagni.

    Qualche istante dopo, raggiunsero il palazzo del kage.
    Hanako passeggiava incurante, ammirando i fiori che riempivano il giardino di vivaci colori.
    -Signorina!-la chiamò Konan, cercando di alterare la voce.
    -Dice a me?-chiese la ragazzina e un leggero sorriso le distese le labbra sottili.
    I tre nukenin si avvicinarono lentamente alla giovane, che non si mosse.
    -Siamo dei commercianti di erbe che desiderano vendere i loro prodotti al kage di questo villaggio. Credo li potrà trovare di estremo interesse.-affermò la ninja di Ame.
    Il sorriso di Hanako parve accentuarsi.
    -Cosa...?-pensò Itachi, sorpreso. Sembrava sospettare qualcosa...
    -Non c'è niente di interessante che dei nukenin possano vendere a mio nonno.-replicò con fierezza l'adolescente.

    I tre ninja, vistisi scoperti, sciolsero le tecniche di travestimento e si liberarono dei mantelli.
    -Tuttavia, questo non impedirà di offrire il tuo sangue a Jashin!-ringhiò Hidan, la voce colma di esaltazione. Finalmente avrebbe potuto offrire un'offerta al suo dio...
    E sarebbe stato un sacrificio di prim'ordine, vista la straordinaria bellezza di quella ragazzina...
    Jashin avrebbe gradito una simile primizia...
    -Credo che vi siate dimenticati di qualcuno.-replicò una voce maschile ferma e risoluta.
    I tre nukenin si voltarono e videro, dinanzi alla abitazione, Tetsuo Kobura, accompagnato da Shigeru e Ichirou.
    -Ichirou, tu occupati della donna, Shigeru pensa a quello armato di falce. Io mi occuperò di Itachi Uchiha.-affermò e i suoi occhi viola, immediatamente, si tinsero d'un bagliore sanguigno.
     
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